RUSHDIE, QUANDO IL FANATISMO PUGNALA L’INTELLIGENZA
Caro Aldo, l’aggressione a Rushdie ci riporta a una realtà che non è mai venuta meno anche se è stata soppiantata negli anni da altre emergenze che hanno monopolizzato la nostra attenzione. Non è una bella notizia, non è un bel mondo.
Giuseppe Baiocco
Come si può parlare di pace quando le vendette vengono covate per anni e trasmesse di generazione in generazione?
Marzia Gori
È terribile pensare che trent’anni non abbiano prodotto alcun cambiamento di mentalità o di prospettiva. Noi cambiamo e dimentichiamo. Gli integralisti son granitici nelle loro convinzioni e vendette.
Elena Di Mauro
Cari lettori,
Molti di voi sono rimasti turbati dall’ignobile attentato con cui un criminale ha tentato di spegnere la vita e l’intelligenza di Salman Rushdie. Almeno tre osservazioni vanno fatte. È incredibile che uno scrittore seriamente in pericolo sia stato lasciato senza protezione, dopo che gli integralisti islamici hanno negli anni assassinato il suo traduttore giapponese, accoltellato quello italiano, Ettore Capriolo, aggredito il suo editore norvegese. Noi tendiamo a pensare all’America come a una grande Germania; in realtà pochi Paesi sono più disorganizzati degli Stati Uniti; se le cose funzionano è per il senso di responsabilità individuale. Che stavolta è mancato: gli organizzatori del festival di Chautauqua non sono riusciti a proteggere il loro ospite; e questa mania di filmare e postare anziché intervenire non è solo italiana.
È ignobile pure il modo con cui l’Iran ha reagito: dalle agenzie di stampa che anziché solidarizzare hanno definito Rushdie «blasfemo», al compiacimento di chi ha ricordato la fatwa, la condanna, finalmente eseguita. Proviamo a immaginare per un attimo se, non dico il Papa, ma un sacerdote cattolico ordinasse di uccidere uno scrittore per la propria opera; verrebbe giù il mondo, e giustamente. Per l’Islam non ci si indigna alla stessa maniera. (Ciò non toglie che le parole con cui pur condannando la violenza sembrò giustificare l’attacco a Charlie Hebdo, «se uno dice una parolaccia contro la mia mamma gli aspetta un pugno, ed è normale», siano state tra le meno felici del pontificato di Francesco).
Infine, tenderei a escludere che l’attentatore abbia letto «I versi satanici», il libro di Rushdie, e non solo perché è un’opera molto densa e complessa. La complessità non abita le menti dei fanatici. Il confronto con l’integralismo islamico non è purtroppo un binario morto della storia. Se ne parla poco perché altre cose ci sembrano più importanti. Ma il sangue di Salman Rushdie è lì a ricordarci che la questione attraverserà tutta la nostra vita.