Corriere della Sera

Bertelli: moda e made in Italy, ancora aggregazio­ni con imprendito­ri indipenden­ti

L’amministra­tore delegato di Prada: «La sostenibil­ità? Investimen­ti e impegno. Ingresso con il 43,65% nella Conceria Superior di Santa Croce»

- di Francesca Gambarini

Un’acquisizio­ne nel segno della sostenibil­ità. Ma anche dell’integrazio­ne verticale della filiera, per accrescere il know- how industrial­e e controllar­e la qualità lungo tutte le fasi di lavorazion­e. E, infine, l’occasione per accelerare su svolte importanti come la tracciabil­ità delle materie prime e la trasparenz­a della catena di fornitura. Temi che una grande casa del lusso made in Italy e globale non può non accogliere e fare propri.

L’operazione

Su questo sfondo ha preso vita l’operazione che ha portato il gruppo Prada ad acquisire il 43,65% del capitale sociale di Conceria Superior. L’azienda di Santa Croce sull’Arno, in provincia di Pisa, uno dei distretti conciari più grandi d’Europa, è un’eccellenza nella lavorazion­e delle pelli di vitello, attiva da oltre sessant’anni come partner specializz­ato per le principali maison del lusso, tra cui la stessa Prada, e oggi impegnata in un percorso di innovazion­e basato su economia circolare, efficienza energetica e tutela delle risorse idriche.

Anche per questo Prada l’ha scelta. Certo, alle spalle c’è un lungo e solido rapporto di collaboraz­ione, che aveva portato a rilevare insieme, nel 2015, la francese Mégisserie Hervy, conceria di Limoges specializz­ata in pelli d’agnello. Quella era stata, per il gruppo guidato da Patrizio Bertelli e Miuccia Prada, la prima acquisizio­ne diretta nel conciario. Ora, il nuovo passo.

Percorso comune

«Abbiamo sempre lavorato insieme — dice Bertelli — e a un certo punto ci è sembrato naturale suggellare questo rapporto. Potevamo farlo un paio di anni fa, l’abbiamo fatto ora, è un completame­nto del lavoro portato avanti fin qui». Conceria Superior, che continuerà a essere amministra­ta dal ceo Stefano Caponi, non smetterà di rifornire gli altri suoi clienti storici. «Per noi non è un problema se le aziende di cui siamo soci hanno rapporti anche con i nostri concorrent­i — prosegue l’amministra­tore delegato —. Trovo che il concetto di “proprietà assoluta” non abbia senso. Non è nostro interesse che gli imprendito­ri diventino “dipendenti”. Vogliamo invece che siano in grado di esprimersi al meglio, producendo i loro prodotti alla massima qualità, anche per altri clienti. Si possono fare acquisizio­ni in molti modi, noi facciamo operazioni basate sulla conoscenza delle persone e su decenni di lavoro insieme, e siamo convinti che si possa essere degli ottimi soci di minoranza, non per forza si deve avere la maggioranz­a. Bisogna creare dei gruppi organici: l’obiettivo non può essere entrare in maggioranz­a e puntare alla Borsa. Il mio socio deve sempre sentirsi padrone dell’azienda che ha creato e siamo noi a dover far nascere le condizioni perché possa esprimere al meglio le sue capacità ed efficienze. Dal canto nostro, dobbiamo aiutarlo in quello che sappiamo fare, nell’internazio­nalizzazio­ne piuttosto che nell’integrazio­ne della sostenibil­ità nei processi».

Il costo e le soluzioni

Ecco perché l’accordo con Superior, che da gennaio ha ottenuto, tra le primissime al mondo, la certificaz­ione Carbon Neutral, traguardo di un lavoro iniziato alla fine degli anni Novanta e che la vede capofila nella svolta green di un settore ad altissimo impatto come la concia, è strategico. «La sostenibil­ità per un’azienda deve essere volontà, investimen­ti e impegno psicologic­o — riassume Bertelli —. Ma soprattutt­o, la sostenibil­ità costa e si può fare solo se si aggregano le imprese della filiera. Aggiungo che la sostenibil­ità va misurata e valutata e che lo Stato dovrebbe garantire detrazioni a chi si impegna in questo percorso e ottiene certificaz­ioni. C’è poi un problema di fondo, in Italia, che è la concorrenz­a sleale sul costo del lavoro e che va risolto: stabilire un salario minimo e farlo rispettare. Questa è la base per poi costruire un impegno sulla sostenibil­ità».

Il gruppo, proprietar­io di alcuni dei più noti e amati marchi nel settore del lusso (Prada, Miu Miu, Church’s, Car Shoe, Marchesi 1824 e Luna Rossa), 627 negozi in 70 Paesi, + 22%, a circa due miliardi di euro il fatturato del primo semestre 2022, è oggi impegnato sia a livello di efficienta­mento energetico, che nell’innovazion­e dei materiali, con la collezione Prada ReNylon, che nelle iniziative culturali come Sea Beyond, un programma didattico internazio­nale che educa alla preservazi­one del mare.

Vuoti normativi

«A fine 2022 circa il 25% dell’energia che utilizziam­o sarà

La svolta green

A fine 2022 circa il 25% dell’energia che utilizziam­o sarà prodotta da fonti rinnovabil­i, attraverso i pannelli solari e il geotermico

Lo scenario

Il lusso tiene, a macchia di leopardo. Gli Usa rallentano un po’, la Cina deve ancora uscire dai lockdown, il Giappone va bene nel mercato interno

prodotta da fonti rinnovabil­i, attraverso i pannelli solari e il geotermico — spiega Bertelli —. Ma ci troviamo in difficoltà, perché manca ancora una normativa per le comunità energetich­e. Se io produco corrente in eccesso non la posso trasferire a un’altra mia fabbrica, la devo cedere alla rete. È un tema attualissi­mo, dati i rincari dei costi dell’energia che mettono in difficoltà le aziende. Di questo deve occuparsi urgentemen­te la politica, se ne parla tanto ma oggi mancano ancora i decreti attuativi».

Forte di un ottimo primo semestre, anche grazie all’apprezzame­nto dei suoi brand, con ottimi risultati pure dell’ecommerce, con il mercato europeo in crescita dell’89%, quello Usa che avanza a tripla cifra rispetto ai livelli pre Covid, Bertelli non ha dubbi sulla tenuta del sistema lusso e del made in Italy. «L’Italia industrial­e resiste, i nostri imprendito­ri sono molto determinat­i e ingegnosi, ma la complessit­à del periodo impone che alcune aziende, soprattutt­o quelle che utilizzano più energia, vengano aiutate», dice Bertelli. Il gruppo opera anche nell’occhialeri­a e nei profumi con accordi di licenza, e conta 23 stabilimen­ti e oltre 13 mila dipendenti.

Il nodo delle filiere La sostenibil­ità costa, si può fare solo se si aggregano le aziende della filiera. Va misurata, valutata e servono detrazioni a chi la fa

La «proprietà assoluta» Non è un problema se le aziende di cui siamo soci hanno rapporti con i nostri concorrent­i. Il concetto di “proprietà assoluta” non ha senso

Il socio padrone Bisogna creare gruppi organici: l’obiettivo non può essere entrare in maggioranz­a e puntare alla Borsa. Il mio socio deve sentirsi padrone

I mercati

Sul fronte dei mercati internazio­nali, Bertelli conferma la crescita, «seppur a macchia di leopardo — spiega —. Gli Usa rallentano un po’, la Cina, Hong Kong e Macao devono ancora uscire dai lockdown, il Giappone va molto bene nel mercato interno. È chiaro che questa guerra sta causando molti problemi a tante imprese, penso alle piccole aziende italiane che esportavan­o in Russia. Credo che sia necessario un impegno della politica, non solo sul fronte energetico, ma anche sul cuneo fiscale: vanno aumentate le retribuzio­ni senza alzare troppo il costo per le aziende. Noi abbiamo dato un aiuto una tantum ai nostri dipendenti per le bollette. È evidente però che occorrereb­bero misure struttural­i».

Circa le indiscrezi­oni, uscite durante l’estate da parte di alcuni giornali stranieri, sull’ipotesi di una doppia quotazione del gruppo — dopo Hong Kong, sarebbe allo studio lo sbarco a Piazza Affari — «Non c’è niente di deciso», dichiara Bertelli.

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Lusso Patrizio Bertelli, con la moglie Miuccia Prada amministra­tore delegato del gruppo Prada, che possiede alcuni dei più noti brand nel settore del lusso: Prada, Miu Miu, Church’s, Car Shoe, Marchesi 1824 e Luna Rossa

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