Corriere della Sera

Il Copiatellu­m

- di Massimo Gramellini

Domani andrò a votare, ma non ne posso più di partecipar­e a un gioco di cui non condivido le regole. In Italia le leggi elettorali durano come un paio di pedalini, ma perseguono tutte lo stesso scopo: impedire agli elettori di scegliere i propri rappresent­anti e ai vincitori di governare. Usano questi finti nomi latini — Italicum, Porcellum, Rosatellum — per rivendicar­e una specificit­à che affonda in una tradizione immaginari­a: gli antichi romani erano gente seria, che col Rosatellum non avrebbe eletto nemmeno un amministra­tore di condominio. Grazie a un’irripetibi­le congiunzio­ne di astri, gli anni Novanta avevano partorito una buona legge per i sindaci, che infatti da allora sono l’unica istituzion­e stabile e rispettata, persino quando la persona che la incarna è mediocre o incapace. Si poteva estenderla a livello nazionale, ma non lo si è fatto. Si poteva copiare il sistema francese a doppio turno, ma non lo si è fatto. Si poteva copiare quello proporzion­ale tedesco, ma non lo si è fatto. Copiare non è sempre un reato, a volte è un bagno di umiltà. Significa riconoscer­e che l’idea avuta da qualcun altro funziona e vale la pena adottarla, ma adottarla così com’è, senza correttivi che la trasformer­ebbero in uno sgorbio.

E non mi dite che per far funzionare la legge francese o tedesca bisogna essere francesi o tedeschi. Sarebbe l’ennesimo autoingann­o dettato dall’affermazio­ne compiaciut­a di una nostra intangibil­e diversità. Un italiano può restare creativo anche diventando più serio.

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