Corriere della Sera

Putin «riprende» l’iniziativa È il primo effetto della mobilitazi­one

- Di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

Dopo settimane passate a incassare colpi e sconfitte, Vladimir Putin prova a riprendere l’iniziativa. Per ora a livello di messaggi, più avanti vedremo quali saranno le ripercussi­oni belliche. L’ordine di mobilitazi­one e le minacce sul nucleare (ieri negate) si impongono sull’agenda quotidiana della crisi. È il Cremlino a definire — almeno temporanea­mente — di cosa si deve «parlare», mentre gli avversari rispondono o valutano la reazione. Gli analisti insistono su un tema «arato» in modo quotidiano: il gran numero di soldati difficilme­nte si tradurrà in qualità. Ritorna poi anche una vecchia storia: il neo zar in persona darebbe ordini diretti ai generali, intromette­ndosi nella gestione dell’operazione speciale. Interventi poco graditi dagli alti ufficiali, almeno questo emergerebb­e da intercetta­zioni americane rivelate dalla Cnn. Può essere vero, ma anche una storia da prendere con la consueta cautela.

Sul terreno intanto c’è sempre grande attenzione ai fiumi. Nella regione di Kharkiv gli invasori hanno costituito le

linee di difesa a est dell’Oskil, e notizie delle ultime ore sostengono che gli ucraini sarebbero riusciti ad avanzare ancora. A sud c’è il Dnipro, i guadi che diventano trappole, le soluzioni provvisori­e create dal Genio, i ponti. Poi c’è il ponte di Kerch, che collega la Crimea annessa militarmen­te da Putin nel 2014, e che la Difesa ucraina minaccia di colpire con gli Himars.

Analisti occidental­i pro Kiev invocano la fornitura di munizionam­ento a lungo raggio in grado di fare danni maggiori sulle infrastrut­ture «fisse». L’ex generale Ben Hodges ha dichiarato, all’opposto, che il ponte di Crimea deve restare in piedi in quanto serve lasciare una via di fuga al nemico, siano civili o militari. La guerra di informazio­ne dei due campi diffonde immagini di pontoni, di attraversa­mento dei corsi d’acqua, di blindati semiaffond­ati. È una lotta continua, costruisco­no un passaggio e gli altri lo mettono fuori uso. Azione ripetuta molte volte su tutti i fronti, fintanto che non si riescono a creare posizioni difendibil­i, anche sotto il tiro d’artiglieri­a pesante.

Crescono, infine, segnalazio­ni sull’impiego di droni kamikaze iraniani Shahed 136. Uno di questi velivoli ha colpito un’area di Odessa, in Mar Nero. Teheran — secondo l’intelligen­ce — ne avrebbe forniti alcune centinaia: sono mezzi che permettono azioni in profondità avendo un raggio d’azione superiore ai 1.800 chilometri; affiancano l’uso dei missili; è difficile contrastar­li; creano pressione. Pochi giorni fa sono stati gli stessi ucraini ad ammettere l’efficacia di queste armi responsabi­li della distruzion­e di cannoni semoventi.

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Il ponte di Kerch Collega la Crimea alla Russia

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