Già fuggiti in 70 mila dalla Russia Mosca: «Una reazione isterica»
Il governo riconosce le difficoltà nell’arruolamento dei riservisti C’è chi prova a lasciare il Paese anche in bicicletta o monopattino
Eadesso c’è chi rievoca le parole del patriarca Kirill: «Ricordati che se muori per il tuo Paese sarai per sempre con Dio. Non avere paura di perdere la vita, vai coraggiosamente a compiere il tuo dovere militare». A noi italiani il severo monito pronunciato mesi fa dalla massima autorità spirituale russa — che ha da tempo instaurato una unione di intenti con Vladimir Putin, assecondando in tutto e per tutto la sua volontà — e rilanciato ieri su una piattaforma Bielorussa, può anche ricordare quello rivolto da un monaco a Massimo Troisi in «Non ci resta che piangere». Ma alla luce di quello che sta succedendo oggi in Russia tutto assume contorni molto più seri. A Mosca servono parole che possano indirizzare l’opinione del Paese profondo, che adesso teme per la sorte dei propri figli chiamati al fronte dalla mobilitazione parziale voluta dallo zar.
Il Cremlino non si aspettava una reazione del genere, con un tentativo di esodo ai confini più importante di quanto previsto. L’ammissione è giunta ieri per bocca di Dmitry Peskov, il portavoce di Putin: «Tra la popolazione c’è stata una reazione isterica» ha detto riferendosi all’annuncio della mobilitazione parziale che ha generato panico e pure incertezza, per la genericità del decreto presidenziale. «Si poteva in qualche modo capire l’emotività estrema delle prime ore. C’era infatti una certa mancanza di informazione. Ma già dalla giornata di ieri sono state attivate tutte le linee di informazione necessarie». Peskov ha poi concluso il suo discorso esprimendo «ammirazione e orgoglio» per quei diecimila russi che secondo le
Stop agli ingressi
La Finlandia limiterà in modo significativo l’ingresso dei russi: teme la presenza di spie
Il reclutamento
In diecimila, secondo le autorità, si sarebbero già presentati al centro di reclutamento
autorità si sarebbero presentati in modo spontaneo al centro di reclutamento.
Qualcosa senz’altro non ha funzionato, anche a livello di comunicazione. Per la terza volta, il ministero della Difesa ha pubblicato sul suo sito un aggiornamento delle categorie esentate dal fronte, aggiungendo i lavoratori nel settore delle tecnologie, della finanza, delle telecomunicazioni e i giornalisti. Ogni giorno, il bacino dei coscritti al quale attingere viene ristretto. Come se qualcuno avesse avvertito il bisogno di rassicurare la popolazione.
Chissà se sarà sufficiente. Senz’altro non siamo in presenza di un esodo di massa, ma i numeri di chi ha scelto l’espatrio cominciano a essere importanti. Secondo Guide to the free world, l’ong che aiuta i russi contrari alla guerra a lasciare il Paese, gli uomini fuggiti in questi tre giorni sono già 70 mila. Ci provano in ogni modo. In auto, causando lunghe code ai varchi con le nazioni confinanti, ma anche in bicicletta e in monopattino. Il presidente del Consiglio Ue Charles Michel ha detto ieri che «in linea di principio l’Unione dovrebbe ospitare chi è in pericolo per la propria opinione politica». Ma è qui che cominciano i problemi. La Finlandia, che condivide con la Russia 1.300 chilometri di confine, ha fatto sapere che limiterà «in modo significativo» l’ingresso dei russi. Polonia e Paesi baltici hanno chiuso da settimane le frontiere. Non è paura dell’immigrazione, ma delle spie che il Cremlino potrebbe infiltrare in Stati considerati ostili. Per chi era contrario alla guerra e adesso si rifiuta di combatterla, oltre al danno c’è pure la beffa.