La forza di essere due
Gucci, i gemelli, l’identità: l’altro che è in ognuno di noi La dea dark di Versace. Carlà e Naomi sfilano da Tod’s
Si apre il sipario e dall’altra parte accadde ciò che è da questa. Benvenuti a Twinsburg: sfilano 68 coppie di gemelli (100 donne e 36 uomini) sulla passerella speculare di Gucci e alla vita di Alessandro Michele, che è come un romanzo infinito, si aggiunge un altro incredibile capitolo. Protagonista la sua mamma, anzi le sue mamme: Eralda e Giuliana, sorelle gemelle, identiche sino all’ultimo minuto della loro vita. La magia di un amore doppio e della copia di sé ha segnato lo stilista, anche nel processo creativo: «Ho sempre sentito per questo la necessità di fare un lavoro personale sull’identità dell’altro che è in ognuno di noi». Così, uno show catartico: «È stato molto faticoso, tecnicamente ma anche emotivamente, compresa la ricerca: siamo andati in America in una città fondata e abitata da gemelli. È stato affascinante e terapeutico, ma è stato naturale come tutte le cose che attraversano la mia vita». La collezione non ha una deriva doppia, segue la natura identica delle coppie e la visione della moda di Michele con il baule che magicamente si apre ed escono in ordine sparso completi di paillettes e/o di tweed, abiti di chiffon e/o top e gonne di raso, pantaloni a zampa e/o camicie con il fiocco, chiodi di pelle e/o spencer sberluccicanti, mocassini e/o ciabatte di pelo, tracolle e/o borse d’archivio (1981) aggiornate. E quella scritta «Fuori!» l’acronimo di Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano, anno di nascita 1971, che riporta a un oggi tormentato: «È in momenti come questi che stiamo attraversando che sento la necessità di essere libero. E con la moda possiamo e dobbiamo dirlo».
Il suo messaggio politico Donatella Versace lo ha lanciato qualche giorno fa dal suo IG: «Votate» ha scritto sotto al cuore tricolore. Ma sulla passerella opta per una dea dark, fra ceri neri e tunnel di cristallo. Diva e ribelle. Senza sdolcinature. Zeppe punk o tacchi a spillo da cattiva e poi pelle e borchie, corsetti e reggicalze, lacci e spacchi. I lunghi di chiffon sui pantaloni combat, il velo della sposa sul baby doll. Non ci sono vie di mezzo: il black domina, il viola e il rosa fluo accendono le fantasie. Apre Gigi Hadid e chiude Paris Hilton: la top batte l’ereditiera 10 a 0. A ognuno il suo mestiere.
Perfette invece Carla (Bruni) e Naomi (Campbell) insieme come un tempo alla Bicocca fra le torri di Kiefer. Le leonesse da Tod’s hanno aperto e chiuso una sfilata che è la consapevolezza del brand di essere nel territorio della moda e del lusso a tutto tondo. Le due top a simboleggiare l’iconicità di donne che hanno scritto (almeno per Walter Chiapponi, lo stilista ) la storia dell’eleganza al femminile: da Carolyn Bessette a Meryl Streep e poi Monica Vitti o Lady D. Scarpe (la nuova gommino che è una ballerina), borse e abiti che sono da manuale di un guardaroba di qualità italiana senza tempo, attivato in un oggi che va veloce. Dunque leggerezze e libertà di movimento che siano un trench, una gonna pencil di pelle o uno chemisier di nappa, un blazer o un blouson over size.
Per invito un «testimone» di quelli che si passano gli atleti in pista. Più che simbolico perché ieri è cominciata la nuova stagione di
Etro con Marco De Vincenzo in pista e la famiglia in tribuna. De Vincenzo ha raccolto, osservato ed elaborato arrivando a un buon risultato dove c’è la storia e c’è lui. Un incipit che è un avvio più che chiaro sulla direzione. «Avevo poco tempo a disposizione. Così mi sono chiesto cosa fosse per me Etro e mi sono affidato all’immaginazione». Ma non è il lavoro di uno sprovveduto quello presentato. Anzi. Senza forzature De Vincenzo consegna una collezione da immaginario Etro. Dice che è stato alla larga del Paisley ma in qualche modo c’è; non c’è l’etnico ma certi abiti couture hanno cenni di frange; il denim rivisto è lavorato come broccato; i colori che sfumano ricordano le origini; infine i lunghi di maglia di pizzo e ricami hanno un che di borghese/milanese. Poi le borse sono in vecchi tessuti Etro. E con l’upcycling il testimone è passato.
Lo definisce un « Missoni disciplinato » Filippo Grazioli, lo stilista che ha deciso fosse così. Al suo debutto sulla passerella della maglieria più famosa al mondo, il designer con un passato grandi firme (da Margiela a Hermès passando da Burberry e Givenchy) cerca di mettere un po’ d’ordine «per accompagnare Missoni nel futuro», cioè da impresa che era di famiglia a brand che è di un fondo. «Pulizia e purezza» sono il mantra del debuttante. Cominciando dai colori (bianco e nero, poi secondo Pantone giallo, magenta e ciano) per arrivare ai zig zag e i fiammati più iconici. L’estate non aiuta la maglieria ma comunque fra tuniche e tunichette, tute e tutine, mini e pants, canotte e golf Grazioli si porta avanti.
Da Sportmax il lavoro forte è sulle forme ma la meta è la percezione degli abiti-involucri. La concettualità si esprime al meglio nelle gonne svasate e in certe lunghe e scivolate silhouette. L’unicità «ci» salverà dice Giuliano Calza e lancia in resta fa proclami e invita tutti i giovani a votare, a credere in stessi. E sulla sua passerella di GCDS tutti sono uguali e indossano abiti che davanti sono precisi e dietro sono un nulla, tuniche di maglia a rete che nascondono l’indispensabile, cappe tricot, short succinti e jeans stramati, cargo di maglia arcobaleno, top e t-shirt dedicate a Spongebob.