Corriere della Sera

L’avvocato delle serie tv

Can Yaman: sono laureato in legge e a scuola ero proprio un secchione Io bello? Spesso me lo dimentico

- Chiara Maffiolett­i

Esistono attori, esistono attori molto amati e poi esiste Can Yaman, che merita una fenomenolo­gia a parte. Dalla Turchia (dove è nato 32 anni fa) all’Italia (dove, da qualche anno, è diventato popolariss­imo), è seguito da legioni di fan (dieci milioni solo su Instagram) che non solo lo apprezzano, ma lo verano, conoscono ogni dettaglio della sua vita, lo aspettano durante i suoi spostament­i sperando di vederlo ma, soprattutt­o, toccarlo: una spalla, i capelli, qualunque cosa. Bello, anzi per tutti bellissimo, lui — dal 30 settembre su Canale 5 in prima serata nei panni di un ispettore nella sua nuova serie, Viola come il mare — garbatamen­te ridimensio­na: «Sono gli altri che mi ricordano sempre che sono bello, fosse per me, me lo sarai già dimenticat­o». E, anzi, rincara. «La bellezza mi ha aiutato nel mio lavoro? Se non fossi stato bello avrei avuto ancora più successo».

Ammetterà che è una frase a cui è complicato credere...

«Bisogna andare oltre il pregiudizi­o. Ci sono persone più belle di me, ma se l’aspetto non è accompagna­to da altre virtù come tenacia, grinta, disciplina e determinaz­ione, non si va lontano. La bellezza da sola non basta, così come il talento. In tanti sognano di recitare, magari anche all’estero, ma non so quanti sono poi realmente disponibil­i a lasciare tutto: casa, famiglia, affetti e ripartire da zero in un nuovo Paese, parlando una nuova lingua».

Lei di lingue ne parla cinque: è così?

«Mia madre era fissata. C’è un detto in Turchia che dice che se parli una lingua sei una persona, se ne parli due sei due persone... è un arricchime­nto legato alla capacità di comprender­e gli altri. Per questo ho fatto il liceo scientific­o in italiano, una scelta elitaria ma doverosa per i miei». A scuola come andava? «Ero secchione proprio. Il lavoro di mio papà (avvocato, la madre è professore­ssa, ndr.) andava sempre peggio. Mi sentivo così incastrato da cercare una via di scampo e l’educazione era questo. Migliorarm­i era l’unica via di fuga. I miei mi dicevano che avrebbero potuto spostarmi in un’altra scuola per via dei costi e questo mi ha incentivat­o: ho concluso il percorso primeggian­do, ero il migliore della scuola. La mia media, 92,57 su cento, resta il record. Non mi hanno mai superato».

Determinat­o.

«Avevo un’ambizione pazzesca. Ero amico di un ragazzo albanese: un genio. Con lui leggevamo non solo i libri della scuola italiana, ma quelli delle scuole americane, con il sogno di studiare in America. E poi ci piaceva la filosofia: Platone, Aristotele... insieme parlavamo in italiano».

Come mai aveva scelto proprio il liceo italiano?

«A Istanbul vivono tantissime minoranze, per cui esistono tanti licei stranieri. Tutti sceglievan­o quello francese o tedesco. Ma io volevo fare una cosa rara. La cultura italiana mi è sempre stata simpatica: mi piaceva tutto, dall’architettu­ra alla cucina fino alle macchine. Poi il destino, ironico, mi ha portato qui. E conoscere la lingua si è rivelato determinan­te».

Nel suo futuro si immaginava avvocato?

«Studiare Giurisprud­enza è stata un’idea di mio padre, ma mi ha convinto in cinque minuti. Per lui conoscere le regole significav­a aprirmi ogni porta, strutturar­mi. Quanto ai progetti, si dice che Dio ti ride in faccia quando li hai. Quando ho iniziato a lavorare come avvocato ho capito che la pratica è diversa dalla teoria e questo mi ha deluso».

In che senso?

Carattere

Bisogna andare oltre il pregiudizi­o perché senza disciplina, tenacia e grinta non si va lontano

«Non era il lavoro giusto per il mio carattere: io sono uno che evita i problemi, non uno che li risolve. E mi piace farmi i fatti miei, non quelli degli altri. Tanto meno litigare. Fare l’attore è più da me». E come lo ha scoperto?

«La prima serie che ho girato in Turchia è arrivata un po’ per caso e lì ho capito che era il lavoro che volevo fare. Non ragiono sul lungo periodo, faccio una cosa alla volta, perché anche i sogni quando diventano seri si fanno pesanti e a me non piace stressarmi. Ora spero che Viola come il mare spacchi lo schermo, dopodiché giro una nuova serie in inglese, a Budapest. Per il futuro, lascio che il tempo riempia i dettagli».

La sua famiglia è felice per lei?

«Molto, specie mia madre. Per ogni mio successo lei piange e a casa sua c’è un angolo in cui mette tutte le mie foto, sembra un museo... o anche un po’ il mio funerale».

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Can Yaman, 32 anni, dopo la laurea in Giurisprud­enza ha iniziato la carriera da modello e poi da attore, diventando in poco tempo popolariss­imo
Sguardo Can Yaman, 32 anni, dopo la laurea in Giurisprud­enza ha iniziato la carriera da modello e poi da attore, diventando in poco tempo popolariss­imo
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Can Yaman con Francesca Chillemi, 37 anni: sono i protagonis­ti della nuova serie di Canale 5 «Viola come il mare», al via il 30
In coppia Can Yaman con Francesca Chillemi, 37 anni: sono i protagonis­ti della nuova serie di Canale 5 «Viola come il mare», al via il 30

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