La polizia «anticipa» le rivolte: 700 arresti e cartoline per il fronte
I cortei convocati dai giovani liberali e dai sostenitori di Navalny, che torna in cella di punizione per aver invitato il popolo a manifestare
Le abbiamo già viste, queste scene. Con gli aspiranti dimostranti che cercano un punto dove radunarsi, in piazza del maneggio, davanti alla Lubianka, e vengono anticipati da uno schieramento di forze ben superiore a loro, costretti a disperdersi, a correre nelle strade laterali per non finire agli arresti, che da pochi giorni comportano anche la consegna immediata della cartolina per il fronte ucraino. Per terra non restano che pochi volantini, mentre i ragazzi cercano di mimetizzarsi tra la folla del sabato pomeriggio, cambiando d’abito e cercando di farsi passare il fiatone.
Era stato così lo scorso marzo, quando l’Occidente riponeva una fiducia eccessiva nelle possibilità taumaturgiche di una eventuale protesta nelle strade. È così anche oggi, anche se ogni volta permane la tendenza a illudersi che qualcosa possa cambiare. Settecento persone in manette, oltre trecento a Mosca e quasi 150 a San Pietroburgo, secondo Ovd-Info, un sito web indipendente che monitora gli arresti politici in Russia. Alcuni dei fermati sono minorenni. Resta da vedere se gli verrà risparmiato l’arruolamento.
La verità è che erano pochi, come sempre. I cortei erano stati convocati dal gruppo dei giovani liberali Vesna e dai sostenitori del leader dell’opposizione incarcerato Aleksej Navalny. Ma le forze dell’ordine si sono mosse in anticipo, prima che qualunque protesta potesse essere davvero attuata. Fine della storia, almeno per il momento.
Continuano invece le speculazioni su quali saranno le conseguenze dei referendum che si stanno tenendo nei territori occupati dell’Ucraina. Per quel che valgono, le cifre sull’affluenza sono tali, sia a Lugansk che a Kherson e Zaporizhzhia, da consentire alla Russia di dichiarare vittoria e validità della consultazione tra ventiquattro ore, quando chiuderanno le urne. Ma nessuno aveva dubbi al riguardo. A quel punto, secondo la
Tass, bene informata in quanto agenzia ufficiale di Stato, l’intenzione della Duma, il Parlamento russo, è di licenziare un progetto di legge che a partire dal 29 settembre dichiari parte integrante della Russia le quattro regioni ucraine oggetto della consultazione.
Anche per questo cambio di scenario, e per tutto quel che potrebbe comportare, assume una certa importanza la notizia data da Ria Novosti, l’altra agenzia di stampa statale, sul messaggio che Vladimir Putin potrebbe rivolgere il prossimo 30 settembre all’Assemblea federale.
Appena due giorni fa, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov aveva affermato che non c’erano piani precisi per la data del discorso. Una volta all’anno, il presidente si rivolge a entrambi i rami del Parlamento con una specie di discorso sullo Stato della nazione.
Un documento politico e giuridico che esprime la visione futura della Russia. Appare ben difficile che non vengano nominati l’Ucraina, il Donbass, e soprattutto l’Occidente. In una galassia parallela e lontana, intanto, Navalny è tornato nella cella di punizione, per la quinta volta negli ultimi due mesi.
Il nuovo provvedimento è motivato con le sue critiche alla mobilitazione e con l’invito rivolto al popolo russo a scendere in piazza per manifestare.
I referendum
Risultati attesi in 24 ore Putin potrebbe parlare all’Assemblea federale il 30 settembre