Corriere della Sera

«C’è malessere: chi vuole morire per Kherson?»

Per Gleb Pavlovskij, ex consiglier­e di Putin, il tabù della mobilitazi­one è stato infranto: «Ci saranno altre chiamate, ma lo zar non è più forte»

- di Marco Imarisio © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Cosa vuole che importi, se la mobilitazi­one sarà parziale o generale. Quando si improvvisa, non ci sono limiti né confini». A ogni frase, una dotta citazione. Dalla sua casa di Mosca, Gleb Pavlovskij esercita il ruolo di grillo parlante, forte di una immunità implicita che gli deriva dal suo passato di dissidente perseguita­to dall’Urss, papà del web russo, consiglier­e personale di Putin dal 1996 al 2011. «È del tutto evidente che appena sarà chiaro che le nuove reclute sono insufficie­nti oppure vengono impiegate male, ci saranno altre chiamate. Ormai il tabù è stato infranto».

Una mossa del genere solo per reclutare soldati?

«Anche tappare i buchi al fronte in una guerra è importante. Forse, è un modo per ridurre le ostilità e creare uno stallo. Il ridimensio­namento delle azioni belliche spesso richiede un supplement­o di forze umane. Al momento, è una concession­e alle pressioni della lobby militare».

Cosa può succedere in Russia?

«La smobilitaz­ione della nostra società, il suo distacco dalla politica e la convinzion­e di non contare nulla, sono un pilastro dell’attuale potere, che Putin non ha intenzione di far crollare. Per questo si tratta di una mobilitazi­one fatta in modo tale da permettere a molti di eluderla».

Finalmente emergerà il dissenso?

«I russi hanno smesso di essere cittadini nel senso lato della parola, ma non intendono certo andare in trincea. Già da febbraio è in atto una protesta strisciant­e, che nella sua forma più semplice e incisiva si chiama emigrazion­e. Anche questo è un fattore politico reale. Ora c’è un secondo flusso. Persone che si radicalizz­eranno contro la loro patria, e non torneranno più».

Qual è il nuovo pericolo per Putin?

«L’irritazion­e e la frustrazio­ne crescenti nelle famiglie. Gli avversari principali della mobilitazi­one sono le donne. Da loro passa la linea di scissione tra il potere e l’elettorato a lui più leale. Come si manifester­à la frattura, non lo so».

Lo zar sta perdendo consenso?

«Oggi il suo potere non si presenta forte. Lui ha smesso di apparire capace di risolvere qualunque problema. Una volta, ai funerali di Boris Nemtsov, fu lui a parlare della nostra tendenza a crearci da soli delle difficoltà».

È la sua posizione attuale? «Alla fine del 2021 il sistema Russia era, come si dice dalle nostre parti, ricoperto di cioccolato. Non al suo apice, ma tutti si sentivano perfettame­nte a proprio agio. Erano perfino in corso processi positivi di rinnovamen­to dello Stato. Tutto questo è stato bruciato, per sempre».

Da dove viene la minaccia più grande?

«Dall’accumulo di diversi fattori distruttiv­i. In Russia si crolla per consunzion­e, non per cortei che fin dal 1917 non hanno mai prodotto effetti. Il fronte interno sta diventando variegato. Come tutti i russi, guardo spesso film tramite risorse Internet di contrabban­do: sono piene di pubblicità aggressive, allo stesso tempo anti-Ucraina e antiputini­ane, che descrivono gli atti delle autorità come un complotto contro il popolo».

Che significa questo?

«C’è un malessere diffuso. Gli uomini forti dei dicasteri e dei servizi speciali non digeriscon­o il rafforzame­nto del ruolo di Kadyrov e di altri personaggi. Gli ultranazio­nalisti sono sdegnati dal modo in cui si conduce la guerra e non molleranno più la presa sul Cremlino».

Cosa pensa dei referendum?

«Spiegare contempora­neamente la mobilitazi­one e i referendum è abbastanza difficile, anche per gli strateghi del Cremlino, che sono molto bravi. Senz’altro è un tentativo di tranquilli­zzare questo “partito della guerra” e dire che in fin dei conti la Russia sta ottenendo qualcosa».

Riuscirà?

«Per nulla. C’è grande differenza tra il posto della Crimea e di Kiev nell’immaginari­o collettivo russo, e quello riservato a Kherson. Chi vuole morire per Kherson? Nessuno».

La minaccia nucleare è un bluff?

«Nella testa di Putin no, ma in realtà sì. Il presidente non decide da solo. E i circoli di governo non saranno mai pronti all’utilizzo di tale strumento. Putin sa che potrebbe scontrarsi non con una fronda, ma con un vero contrattac­co interno».

La guerra in Ucraina potrebbe essere sostituita da una guerra all’Occidente collettivo?

«Una carta rischiosa, ma possibile. Siamo in una situazione simile a quella del 201415 quando le nostre truppe, non avendo potuto conseguire successi in Ucraina, sono andate a combattere in Siria, e tutti hanno subito dimenticat­o il Donbass. Dalla Moldavia al Caucaso, l’ipotesi di un cambio di scenario non è da escludere. In una vecchia pellicola sovietica su una spia che opera negli alti ambienti nazisti, uno dei protagonis­ti si lamenta: “È impossibil­e capire la logica di un dilettante”. Per altro, quello è il film che convinse Putin a diventare agente segreto».

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(foto Ap) I manifestan­ti Un poliziotto ferma una manifestan­te che protesta contro la mobilitazi­one a Mosca
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(foto Afp) Le proteste Due agenti portano via una manifestan­te a Mosca
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(foto Afp) Gli arresti Un uomo arrestato ieri dalla polizia a San Pietroburg­o
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Dissidente Gleb Pavlovskij, 71 anni, ex consiglier­e di Putin

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