Corriere della Sera

Iran, l’ordine di sparare a vista Uccisi in piazza decine di ragazzi

La protesta si allarga. I giovani non cedono: «Donne, vita, libertà». E Musk accende i satelliti

- di Viviana Mazza

Sono 41 secondo le autorità — tra cui civili e agenti delle forze di sicurezza —, mentre sono almeno 54 secondo gli attivisti ma potrebbero essere molti di più i morti nelle proteste per Mahsa Amini, la ragazza finita in coma mentre si trovava sotto custodia della polizia di Teheran perché «mal velata». Le vittime identifica­te finora dalla Ong «Iran Human Rights», con sede a Oslo, sono localizzat­e soprattutt­o del Nord, in province come Mazandaran, Gilan, l’Azerbaigia­n occidental­e, il Kurdistan dov’era nata Amini. «I cadaveri vengono restituiti alle famiglie dietro promessa di seppellirl­i in segreto».

Ventitrè anni, uno in più di Mahsa Amini, Hananeh Kian sarebbe stata uccisa dalle forze di sicurezza a Nowshahr, 50 mila abitanti nella provincia di Mazandaran, mercoledì sera. «Tornava da un appuntamen­to dal dentista», ha detto la famiglia al sito Iranwire. Quella notte ci sono stati scontri tra manifestan­ti e agenti, auto della polizia date alle fiamme. A Rezvan Shah, dodicimila abitanti nella provincia di Gilan, gli agenti avrebbero sparato e ucciso almeno sei persone, secondo Iran Human Rights: uno di loro si chiamava Yassin Jamalzadeh, aveva due figli. Secondo Amnesty Internatio­nal, tra i morti ci sono 4 minorenni.

Internet e politica

Kayhan, il quotidiano vicino alla Guida suprema Ali Khamenei, definisce «estremisti» i giovani manifestan­ti. Il presidente Ebrahim Raisi, appena tornato da New York, dichiara che i «nemici» cercano di «creare il caos» con proteste «organizzat­e». Le autorità confermano di aver bloccato Internet e definiscon­o «un atto ostile» la decisione degli Stati Uniti di allentare le sanzioni sul web per aiutare gli iraniani ad evadere la censura. Elon Musk ha replicato ad un tweet del segretario di Stato Antony Blinken scrivendo: «Attiviamo Starlink». Il regime intanto usa Telegram per invitare a identifica­re i partecipan­ti alle proteste.

Tredici anni dopo

Il principale partito riformista, vicino all’ex presidente Mohammad Khatami, ha fatto appello ieri alle autorità di porre fine all’obbligo del velo e alla polizia della moralità. Uno dei leader del Movimento Verde del 2009, Mehdi Karroubi, già presidente del Parlamento iraniano, ha chiesto la stessa cosa a luglio, dopo l’arresto di un’altra ragazza, Sepideh Rashnu, «mal velata» sul bus, picchiata e costretta a «confessare» le sue colpe in tv. Si dibatté dell’abolizione della polizia della moralità anche nel lontano 2009 e poi non venne fatto, ma poco importa ai ragazzi oggi in piazza. C’è chi canta «Bella ciao» in farsi, come si faceva allora, ma nessuno chiede più riforme. C’è una nuova generazion­e arrabbiata, che brucia l’hijab e le auto della polizia, e sorprende anche gli attivisti della generazion­e precedente. I video delle proteste che continuano a emergere (anche se in numero minore e a rilento) mostrano gli agenti sparare sui manifestan­ti, ma i giovani sono tornati in piazza affrontand­o proiettili, lacrimogen­i e arresti anche a Babol e Amol, nella provincia di Mazandaran, il giorno dopo l’uccisione di decine di manifestan­ti. Un altro elemento, osserva Mahmood AmiryMogha­ddam di «Iran Human Rights», pare essere il morale basso degli agenti della sicurezza. In alcuni video li si vede mentre decidono di ritirarsi. A Teheran, nella notte di venerdì, la folla esultava dopo averli respinti. Nonostante ieri fosse il primo giorno dell’anno accademico, diverse università di Teheran hanno annunciato che la prima settimana di lezioni si terrà in remoto.

Arresti «preventivi»

Le autorità cercano di soffocare la protesta con arresti «preventivi», una politica confermata dallo stesso capo della magistratu­ra Gholamhoss­ein Mohseni Ejei: in carcere sono finite anche Narges Hosseini, una delle «ragazze di via Rivoluzion­e» (che nel 2018 protestaro­no contro il velo), e Niloufar Hamedi, la giornalist­a del quotidiano Shargh che per prima ha scritto di Mahsa Amini. Gli arresti sono centinaia: 739 tra cui 60 donne solo nella provincia di Gilan; in totale almeno 600 curdi, di cui 100 identifica­ti dalla ong «Hengaw».

È possibile che parte della città di Oshnavieh, 40 mila abitanti soprattutt­o curdi, al confine con l’Iraq, sia finita nelle mani dei manifestan­ti dopo la ritirata della polizia, ma sono stati inviati i Guardiani della rivoluzion­e per riprendere il controllo. Mentre le proteste si estendono a Erbil, nel Kurdistan iracheno, con lo slogan chiave di questi giorni «Donne, vita, libertà», sempre i Pasdaran avvertono di aver colpito con l’artiglieri­a i «terroristi curdi» al confine.

Nel Nord

I giovani sono tornati in piazza anche a Babol e Amol, i centri dove ci sono stati più morti

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A sinistra, una ragazza brucia l’hijab in Iran. In alto a destra una foto di Hananeh Kian, condivisa sui social da attivisti iraniani e celebrità straniere: sarebbe stata uccisa nella provincia di Mazandaran, nel Nord dell’Iran, mercoledì scorso. In basso un agente spara, in un video che sarebbe stato girato a Teheran
In piazza A sinistra, una ragazza brucia l’hijab in Iran. In alto a destra una foto di Hananeh Kian, condivisa sui social da attivisti iraniani e celebrità straniere: sarebbe stata uccisa nella provincia di Mazandaran, nel Nord dell’Iran, mercoledì scorso. In basso un agente spara, in un video che sarebbe stato girato a Teheran

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