Corriere della Sera

«Con una nuova identità e protetto dalla polizia» Il padre nel suo villaggio

I tentativi di estradizio­ne. «Ma il Pakistan nemmeno risponde»

- di Andrea Pasqualett­o

Shabbar il pakistano, il tradiziona­lista, l’intransige­nte. Shabbar che sgobba fra i campi di Novellara per mantenere la famiglia, che vola in Pakistan a combinare le nozze di sua figlia Saman con il cugino, che diventa una furia quando lei si fidanza con un altro, Saqib, postando pure la foto di un bacio. Shabbar che urla, minaccia e, alla fine, secondo gli inquirenti, uccide: «L’ho fatto per la mia dignità, per il mio onore», avrebbe confessato al fratellast­ro in una conversazi­one intercetta­ta.

Shabbar Abbas ha 46 anni e arriva dal Punjab pachistano, terra di grandi fiumi, di campi di grano e minareti. «E di delitti d’onore», aggiungono gli investigat­ori che per capirne di più si sono calati nella realtà di quel mondo. E lì, in un villaggio rurale alle porte di Mandi Bahauddin, forte dell’onore e della dignità preservati, Shabbar è tornato con sua moglie Nazia all’indomani del delitto. «Per sempre», ha previsto Danish, il cattivo di casa intercetta­to e arrestato come esecutore materiale dell’assassinio. In carcere sono finiti in tre, mentre i genitori di Saman girano liberi, seppur inseguiti da due mandati di cattura internazio­nali e da una richiesta di estradizio­ne firmata un anno fa dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia. «A titolo di cortesia internazio­nale e con assicurazi­one di reciprocit­à per casi analoghi, in consideraz­ione della delicatezz­a e gravità di questi fatti, si confida che l’autorità estera risponda positivame­nte e con celerità alla richiesta della Procura», aveva scritto il 13 settembre 2021 Cartabia all’ambasciata d’Italia a Islamabad girando la rogatoria internazio­nale della procura di Reggio Emilia. Nel documento, che spunta dagli atti dell’inchiesta, c’è la lista dei testimoni da sentire in Pakistan, primo fra tutti Akmal, il promesso sposo di Saman, e poi vari parenti che sarebbero a conoscenza dei fatti. Risultato? «Non abbiamo ricevuto alcuna risposta», fanno sapere mestamente dalla Farnesina. Le autorità di Islamabad hanno istituito una Commission­e per deliberare sul caso che però non ha ancora detto nulla. «Stiamo facendo di tutto perché vengano individuat­i ed estradati», assicurano in procura a Reggio. Nel frattempo si è mossa naturalmen­te l’Interpol. «Da lì però tutto tace... non vogliono prenderli», si limitano a dire da Roma. Che Shabbar e Nazia siano al loro villaggio lo garantisco­no i connaziona­li rientrati da poco a Novellara dal Punjab. A loro dire abitano proprio nella casa di famiglia, protetti da una rete di conoscenze anche a livello di polizia locale e da un’altra identità. «Io non li ho più sentiti e per quanto mi riguarda non so nemmeno se sono a conoscenza del procedimen­to in corso, visto che non hanno mai ricevuto una notifica — insorge l’avvocato Simone Servillo, loro difensore —. In ogni caso faccio notare che l’Italia sta chiedendo di estradare due cittadini pakistani per metterli in galera in attesa di giudizio. Voglio dire che non mi stupisce la loro resistenza». «Io penso invece che il Pakistan dovrebbe fare molto di più, dalle intercetta­zioni emerge con certezza il coinvolgim­ento dei genitori in questa vicenda», replica l’avvocato Claudio Falleti che assiste Saqib, il fidanzatin­o di Saman. Un botta e risposta nel quale si è inserito il Presidente della Federazion­e pakistana in Italia, Raza Asif: «Alla base dell’uccisione di Saman c’è una mentalità retrograda che riguarda tutta la sua famiglia. Se il padre fosse veramente colpevole, auspico per lui una pena severa».

Insomma, è già battaglia giudiziari­a. Sulla quale grava un problema di fondo: la diversa sensibilit­à dei due Paesi rispetto a questo reato. Nonostante nel 2016 il Pakistan si sia dato una legge che proibisce il delitto d’onore, nelle aree periferich­e e rurali sopravvive con forza. La chiamano «kala kili» ed è la legge non scritta che punisce le donne colpevoli di aver disonorato la famiglia. «La tradizione arcaica del delitto d’onore, vecchia migliaia di anni, è stata esportata nei luoghi di emigrazion­e. Sono considerat­i inaccettab­ili i rapporti sessuali prematrimo­niali o extraconiu­gali o rapporti con ragazzi non approvati dalla famiglia», scrivono nell’informativ­a conclusiva gli uomini del Reparto investigat­ivo di Reggio Emilia, che sul punto hanno incrociato i dossier dei Paesi occidental­i nei quali la comunità pakistana è più numerosa. «Le donne possono essere anche fatte a pezzi con un’ascia, sfregiate con l’acido, uccise con armi da fuoco. E poi seppellite o gettate nel fiume». E Saman pare sia stata strangolat­a, qualcuno dice fatta a pezzi e buttata nel Po.

Dopo la scomparsa, dal suo villaggio del Punjab, Shabbar l’aveva messa così: «È viva, l’ho sentita, si trova in Belgio».

«Kala kili»

È la legge non scritta che punisce le donne colpevoli di aver disonorato la famiglia

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Insieme Saman Abbas con il fidanzato Ayub Saquib, 23 anni, che vive sotto protezione nel Nord Italia

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