Il bomber della porta accanto
Gioca, studia e segna con la Nazionale Raspadori è il futuro che avanza «A Napoli per mettermi in difficoltà»
MILANO Portafogli non ne ha mai rubati, come voleva il suo ex allenatore De Zerbi, invitandolo con la metafora del furto a essere più malizioso, «meno bravo ragazzo». Giacomo Raspadori è rimasto se stesso e continua a crescere: «Forse se avesse già 50 presenze in Champions sarebbe meglio — come ha sottolineato il c.t. Mancini dopo la vittoria sull’Inghilterra con il gol di Jack — ma bisogna anche saper aspettare. Lui ha qualità tecniche straordinarie». Giacomo ha ambizione (parola che ripete spesso), ma conosce l’arte della pazienza. Dopo l’esplosione al Sassuolo e l’arrivo a Napoli fortemente voluto da Spalletti per la cifra record potenziale di 40 milioni bonus compresi e un contratto di cinque anni da 2,5 netti a stagione, in due settimane si è sbloccato in campionato e in Europa e ha segnato il suo quarto gol in Nazionale, bello e importante. Nel frattempo prepara gli esami di Scienze
Motorie in ritiro, lui che ha affinato i trucchi del mestiere giocando in strada e all’oratorio e dopo i provini con Inter, Milan e Roma e si è formato in un vivaio doc, come quello del Sassuolo, studiando in pullmino per prendere il diploma allo Scientifico (79/100). Un ragazzo d’oro, insomma. In campo e fuori: il bomber della porta accanto.
Giacomo, che a Napoli vive per ora in hotel con la fidanzata Elisa conosciuta cinque anni fa giocando a beach volley a Riccione, ha raccolto l’appello del Mancio e si è messo alla prova: «Quelle parole del c.t. sono state fondamentali. Napoli era quello che cercavo: pur essendo giovane volevo mettermi in difficoltà. Non so
Lo stimolo
Mancini ha detto: giovani italiani mettetevi alla prova. Queste parole sono state fondamentali
operaio e la madre impiegata gli hanno trasmesso: «Conosco il lavoro come metodo per raggiungere qualcosa e continuerò a farlo. Sono partito giocando in strada e all’oratorio con mio papà, mio fratello e gli amici: un’esperienza fondamentale, che ti lascia dei dettagli tecnici unici. E ora sento che queste partite internazionali mi fanno crescere: giocarne più possibile ti porta ad avere più consapevolezza».
Nato il 18 febbraio come Roby Baggio, Raspadori ha ridato il sorriso a Mancini, segnando nel giorno in cui Paolo Rossi avrebbe compiuto 66 anni: proprio quel Pablito a cui era stato accostato a giugno dell’anno scorso con la convocazione dell’ultimo minuto al posto del coetaneo Kean. Giacomo all’Europeo ha collezionato una sola presenza con il Galles, non è stato il salvatore della patria, perché tutto ha funzionato a meraviglia, così come non lo è stato a Palermo nella notte da incubo con la Macedonia, dopo essere entrato a mezzora dalla fine al posto di Insigne. Lanciarsi in paragoni con i più grandi, nel momento più buio del nostro calcio assente dal Mondiale due volte di fila, è quindi un esercizio poco utile. Ma la strada tracciata dalla crescita di Raspadori, quella sì, è un esempio da seguire per la ricostruzione: «Il consiglio che posso dare agli altri ragazzi è non mettersi limiti. E lavorare senza soffermarsi su ciò che non va». È il metodo di Jack, per diventare grande.