Corriere della Sera

Spread, Btp e Borsa Come cambiano gli scenari dopo il voto «La sfida della crescita»

Per gli investitor­i positiva la linea di Meloni sulla spesa Balboni (Hsbc): dopo le elezioni potrebbe persino esserci un recupero per il ridursi dell’incertezza

- Di Federico Fubini

Nella notte un punto è apparso chiaro a chi guarda l’Italia dalla City di Londra: il Paese non sta tornando al 2018, non ora. Allora l’incertezza dopo il voto e l’emergere di una coalizione fra Lega e Movimento 5 Stelle, che nascondeva a fatica la tentazione dell’uscita dall’euro, innescaron­o quasi subito una massiccia reazione sui mercati: spread fra titoli italiani e tedeschi a dieci anni quasi triplicato prima ancora che il governo giurasse, sulla base delle spese annunciate e del tentativo di imporre come ministro dell’Economia l’autore di un piano di uscita dall’unione monetaria.

Quella fase oggi sembra lontana, anche se la coalizione vincente include alcuni portatori delle idee allora in voga: molti investitor­i non dimentican­o che, fino a pochissimi anni fa, Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia era contraria all’euro ancora più esplicitam­ente di Matteo Salvini della Lega. Ma appunto il 2018 sembra lontano e appare plausibile che oggi il mercato non reagisca molto — o reagisca persino positivame­nte, nell’immediato — alla vittoria del centrodest­ra. Molti giudicano rassicuran­te che Meloni — probabilis­simo prossimo premier — abbia evitato grandi promesse di spesa, resista all’idea di uno scostament­o di bilancio e mantenga una linea filo-atlantica. Dice Fabio Balboni, senior economist a Londra del colosso bancario britannico Hsbc: «Non ci aspettiamo che le elezioni allarghino sostanzial­mente gli spread, anzi potrebbe persino esserci un recupero per il ridursi dell’incertezza. Rispetto al 2018 lo scenario che consideria­mo più probabile è meno di tipo anti-establishm­ent e meno euroscetti­co, almeno sulla carta». Anche Silvia Ardagna, capo economista europea per la banca londinese Barclays, non vede strappi dello spread stamattina. «Il margine di vittoria del centrodest­ra è in linea con le attese — dice —. Non ci aspettiamo una reazione particolar­e sui mercati».

Niente di tutto questo significa che la strada sia spianata, per il prossimo governo. Neppure nello scenario, preferito dagli investitor­i e a quanto pare ora realizzato, che Salvini sia indebolito rispetto alla premier in pectore. La strada non è senza ostacoli, in primo luogo, perché il caso britannico ricorda i pericoli per l’Italia: il nuovo governo di Liz Truss ha annunciato un piano di maxitagli di tasse non coperti che hanno subito destabiliz­zato la sterlina e il costo del debito di Londra. Dice il fondatore e Ceo di LB-Macro Luigi Buttiglion­e, il cui nome è stato fatto come possibile ministro dell’Economia nel prossimo governo italiano: «La reazione dei mercati agli annunci del Regno Unito è un monito ai futuri governanti del nostro Paese su cosa va evitato. A maggior ragione in un contesto di alto debito e limitata sovranità monetaria».

Proprio questo è il fattore che alimenta ora le incertezze. La guerra e la crisi energetica frenano la crescita e alimentano l’inflazione, aumentando la pressione sul governo perché indennizzi famiglie e imprese. Ma gli stessi fattori spingono la Banca centrale europea ad alzare i tassi e, potenzialm­ente, non riacquista­re più circa 25 miliardi di euro di debito italiano quando scadranno nel 2023. È un contesto di potenziale recessione, tassi sul debito in aumento per effetto della Bce e pressione sul governo perché faccia nuovo deficit. Ma i tre elementi, allo stesso tempo, sono incompatib­ili. Dice Silvia Ardagna di Barclays: «Il prossimo governo si troverà ad affrontare sfide molto difficili: ci aspettiamo una contrazion­e dell’economia dal quarto trimestre del 2022 al secondo trimestre del 2023 e un debito pubblico che aumenta l’anno prossimo, anche se probabilme­nte non di molto. La tentazione politica sarà di fare un’espansione di bilancio — continua Ardagna —. Ma se ciò avvenisse pensiamo ci sarebbero contrasti con l’Europa».

Nei prossimi mesi la stretta della Bce dovrebbe spingere il rendimento dei titoli a dieci anni verso il 5%. A quel punto il governo potrebbe dover togliere gradualmen­te risorse dall’economia per ridurre il deficit e non perdere il controllo dello spread. Ciò può diventare essenziale perché nel 2023 i titoli nuovi da vendere sul mercato varranno probabilme­nte 100 miliardi di euro e ce ne saranno più che altrettant­i da rinnovare a costi accettabil­i. L’uscita imminente della nota aggiornata del Tesoro (Nadef) mostrerà che gli spazi per fare nuovo deficit, dopo anni, sono finiti. Dice Balboni di Hsbc: «La Nadef potrebbe essere un evento più importante per i mercati delle stesse elezioni, perché potrebbe restringer­e in maniera significat­iva i margini del nuovo governo per fare la legge di bilancio, causando potenziali tensioni fra gli alleati».

Luigi Buttiglion­e pensa che l’unica strada sia fare politiche di rilancio della produttivi­tà e della crescita stimolando l’offerta con meno vincoli, non la domanda con più deficit. Di certo un avvertimen­to arriva anche da Sarah Carlson, vicepresid­ente dell’agenzia di rating Moody’s: «Il prossimo governo ha davanti a sé importanti sfide sul suo credito», dice.

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