Corriere della Sera

Saman, la madre all’altro figlio: «Io e tuo padre siamo morti lì»

L’intercetta­zione della donna. Il 17enne: mi pento di avervi detto che lei aveva un ragazzo

- DAL NOSTRO INVIATO Alessandro Fulloni © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

REGGIO EMILIA Quella sera «davanti a te, a casa... noi siamo morti sul posto». A parlare al telefono, intercetta­ta dai carabinier­i, è Nazia Shaheen, la mamma di Saman, la diciottenn­e sparita nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021. Secondo le accuse, sarebbe stata proprio questa donna, 50 anni, a uccidere la figlia in concorso con il marito Shabbar Abbas, il fratello di lui Danish Hasnain e due nipoti. Questi ultimi tre sono in carcere mentre i coniugi sono latitanti in Pakistan, fuggiti da Malpensa poche ore dopo il delitto.

Shabbar e Nazia hanno un altro figlio che oggi ha 17 anni e vive in un centro protetto nel Nord Italia: dall’aia del casolare a Novellara dove vivevano gli Abbas, ha assistito a gran parte dell’omicidio, risultando un testimone chiave per l’accusa al processo che inizierà a febbraio.

Ora che le carte giudiziari­e sono a disposizio­ne delle parti, è la prima volta che si legge ciò che dice la madre. La donna viene ascoltata in un colloquio di 13 minuti con il secondogen­ito, il 30 agosto 2021. Seppur cauta — gli investigat­ori sospettano che lei immagini di essere controllat­a — dopo che sente la voce del ragazzo si lascia andare. «Tu non sai niente di lei?», chiede con tono retorico «riferendos­i — notano i carabinier­i — ai comportame­nti tenuti da Saman»: ovvero quel carattere sempre più ribelle e insofferen­te, le fughe da casa, l’amore con il fidanzato Ayub e le foto di lei, vestita come una qualunque ragazza occidental­e, postate su Instagram all’account italiangir­l ben noto al fratello.

Ma ecco che la madre parla di quella notte dopo la quale «tuo padre e anche io siamo a letto» intendendo così di soffrire, «di stare male». E ancora: «Non sai?... Anche di lei non è che non sai... È successo ciò che è successo, anche tu lo sai figlio mio, non sei un bimbo, sei giovane e comprendi...». A un tratto la conversazi­one vira dopo che il minore torna a prendersel­a con due parenti — non tra gli arrestati — che considera, notano gli inquirenti, «responsabi­li morali della morte della sorella» perché pure loro insistevan­o per ammazzarla. «Quel cane con i baffi e l’altro cane — grida — girano liberi... Devo sistemarli!». Nazia lo rimprovera: «Stai zitto... tu non hai niente a che fare con queste cose, tu conosci tutto. Pensa ai messaggi che ci facevi ascoltare la mattina e poi dimmi se i tuoi genitori sono sbagliati». La donna si riferisce a ciò che il figlio mostrava spesso a lei e al padre, ovvero i messaggi WhatsApp e le foto scambiate da Saman e Ayub usando di nascosto il cellulare di Nazia. Successe anche quella notte: il ragazzino ha raccontato agli inquirenti di «aver fatto vedere i messaggi che mia sorella mandava al fidanzato. I miei genitori le hanno chiesto se fosse vero». E Saman ammette la sua storia d’amore. La situazione precipita, volano insulti e alla fine Saman esce di casa, verso la morte. Sconvolto dai sensi di colpa, il 17enne si confida così con la madre: per aver riferito che la sorella era fidanzata «ora mi sto pentendo...». Nazia, allibita, replica: «Ti stai pentendo? Anche tu sei diventato pazzo!».

Parole che lasciano sconvolti gli avvocati di parte civile. Barbara Iannuccell­i (associazio­ne Penelope) afferma: «Gli Abbas devono tornare per spiegare». Per Riziero Angeletti (Unione delle comunità islamiche in Italia) «tutto ciò non ha niente a che vedere con l’Islam». E Nicola Termanini (Comune di Novellara) osserva: «Con ciò che sta emergendo ci avviciniam­o alla verità».

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I genitori di Saman prima di imbarcarsi su un volo per il Pakistan poche ore dopo il delitto
(Tg1) A Malpensa I genitori di Saman prima di imbarcarsi su un volo per il Pakistan poche ore dopo il delitto

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