Corriere della Sera

Tutto l’oro di Armani

- Paola Pollo

Un «fil d’or» percorre tutta la nuova collezione di Giorgio Armani. Un bagliore che lega e illumina, con una coerenza di stile che è una dichiarazi­one d’amore per il proprio lavoro e per l’appartenen­za a un sentire estetico che è profondame­nte personale non legato a facili compromess­i di mercato e/o tendenze del momento. E anche se lo stilista «spinge il pedale», come racconta subito dopo lo show, lo fa per «rassicurar­e» le donne: «Le voglio rendere belle ed eleganti: e ho la consapevol­ezza che questo sia un buon messaggio nel mondo. Amo la donna curata e non è questione di tempo ma di scelta, bastano — è il suo suggerimen­to di stile — un orecchino, una collana o una borsa a creare una storia». E c’è tutto il lavoro dello stilista in queste parole e anche la costanza nell’interpreta­re una società in mutamento: «Non è stato difficile continuare il mio discorso anche se mi sono trovato davanti delle realtà diverse, che hanno avuto successo e tante fan: uno scontro violento. Certo mi dicono sempre che devo fare quello che mi piace, ma se quello che piace a me è fuori moda non va bene. Così è mio compito guardare fuori e capire cosa può entrare nella mia storia e cosa deve restare fuori».

Oggi quel qualcosa è la luce, da mattina a sera, dai completi ai lunghi impalpabil­i: «Un brillare intorno fa piacere, un campo battaglia come quello in cui viviamo, illuminato mette allegria, volontà e gioia di vivere. Tant’è che non faccio più un abito senza una paillette», scherza. Ma non troppo: «E pensare — riflette — che qualche anno fa un lustrino di giorno era fuori dal mondo». E filo d’oro sia: srotolarlo in passerella, nell’intimità del teatrino di via Borgonuovo (il palazzo che ora, dopo anni di tentativi, è finalmente di proprietà dello stilista), in una sala di specchi e bambù dorati, è facile, più del solito. La collezione scivola leggera fra top di cristalli, piccole bluse e gonne e pantaloni che cercano nei nuovi tagli (morbidi sopra e ripresi sotto) di regalare altri immaginari oltre ai classici («mi sembrava che i pantaloni diritti li potessi trovare ovunque»): ed ecco lo sforzo ammirevole di cui sopra di connession­e con il nuovo. Come la scelta di sfilare solo scarpe basse: «Perché in fin dei conti il tacco alto è un po’ una violenza, a volte. Altre è necessario. Però oggi mi piaceva così».

In un certo senso anche Matthew Blazy per Bottega Veneta consegna alla storia della moda un’estetica di grande eleganza e raffinatez­za e ricerca che non ambisce a chiudersi nel castello incantato di donne e uomini che vivono di celebrità e selfie, ma cerca un posto fra la gente «vera». Poi per carità, trattasi di lusso e che lusso, ma la visione è di una così sofisticat­a quotidiani­tà che apre il cuore e il futuro. Così Kate Moss sfila a sorpresa con una camicia check e un paio di jeans, da sana ragazza di campagna: se poi il denim è di pelle e la blusa di una flanella che ha richiesto dodici stampe è sempliceme­nte geniale. Come gli incredibil­i abiti jacquard o, ancora, la pelle «domata» per ogni capo possibile. O come la collaboraz­ione totalizzan­te dello spazio con Gaetano Pesce che ha colorato il pavimento e le 400 sedie con la sua arte. Nessuna contaminaz­ione dell’artista con lo stilista. Ma l’unicum è riuscito.

Ispirazion­e Los Angeles, Hollywood. Un luogo generatore di sogni per raccontare un oggetto generatore di sogni: il mito della Ferrari. Immaginari potenti che si incontrano sulla passerella allestita al teatro Lirico di Milano da Rocco Iannone che comincia e finisce con un cortometra­ggio. Il glamour sopra ogni cosa e la tuta iconica interpreta­ta in pelle o seta e nel nuovo rosso contaminat­o dai tramonti di Malibù. Debutto convincent­e che sa già di tante cose «che bollono in pentola» quello di Andrea Incontri da Benetton. La scelta di sfilare nello store di corso Buenos Aires è già un segnale: «Il mio manifesto parte da qui: dal luogo dell’incontro, fra la moda e il cliente». Aperto il dialogo, il linguaggio c’è. La collezione un mondo, colorato (il tema è la frutta) e di sostanza (un guardaroba completo).

Donne e ancora donne in calendario ieri. Ha cominciato Luisa Beccaria con le sue fanciulle che scelgono la lentezza per camminare fra «onde di seta», vestite di chiffon impalpabil­i e paillettes vistose in un susseguirs­i di abiti sottovesti, mini e sirena. Da Luisa Spagnoli sono gli anni Sessanta interpreta­ti nella maglieria a tinte accese che è la storia del brand: dagli abiti colonna, agli short, ai top, ai pantaloni a trombetta. Elisabetta Franchi invece sceglie un viaggio in Sudamerica per la sua nuova donna che è un po’ tanguera e un po’ Messico e Nuvole: tra frange, perle di legno, raffia e cappelli.

Un bagliore attraversa la collezione. «Vedete come sono cambiate le cose? Qualche anno fa un lustrino di giorno era fuori dal mondo» dice lo stilista «ora ho spinto il pedale»

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 ?? Luisa Benetton ?? Da sinistra: il fiorato di Luisa Beccaria; l’estate di Spagnoli; un lungo di Elisabetta Franchi; la maglia di
Luisa Benetton Da sinistra: il fiorato di Luisa Beccaria; l’estate di Spagnoli; un lungo di Elisabetta Franchi; la maglia di
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Due scatti dalla nuova collezione disegnata da Matthew Blazy, con ospite Kate Moss
Bottega Veneta Due scatti dalla nuova collezione disegnata da Matthew Blazy, con ospite Kate Moss
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Uno degli abiti da sera brillanti, attraversa­ti da fili d’oro
Giorgio Armani Uno degli abiti da sera brillanti, attraversa­ti da fili d’oro

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