Corriere della Sera

Maldini non si nasconde «Milan quest’anno più forte»

«Lo stadio? Il club non finisce a San Siro. Io garante del progetto»

- DAL NOSTRO INVIATO Carlos Passerini

TRENTO «Siamo ancora più forti». Non si nasconde, Paolo Maldini. Non l’ha mai fatto, né quando giocava né quando ha iniziato a fare il dirigente, quattro anni fa. E non ha alcuna intenzione di farlo adesso che il suo Milan mostra un meritatiss­imo scudetto cucito sul petto e va a caccia della seconda stella. Missione difficile, perché la concorrenz­a è cresciuta, ma alla portata. A patto però di continuare a crescere ancora, com’è nelle possibilit­à di questa squadra che ha fatto dell’entusiasmo giovanile una delle sue forze, se non la principale. La strana sconfitta col Napoli, negativa nel risultato ma non nella prestazion­e complessiv­a, è costata il primato in classifica e per questo ha fatto male. Ad amplificar­e il senso di fastidio sono stati i molti infortuni, soprattutt­o quelli di Hernandez e Maignan, esattament­e quello che non ci voleva alla vigilia dell’ottobre rosso che vedrà il Milan impegnato 8 volte in 30 giorni: un autentico tour de force che segnerà già un bel po’ di stagione.

Niente panico però. E Maldini dal palco del Festival dello Sport di Trento lo ribadisce con forza: «Per me questa squadra è più forte di quella dell’anno scorso. Noi partiamo per vincere, siamo campioni in carica e la responsabi­lità non ci deve spaventare». Ha ragione. Anche perché l’emergenza infortuni ha pesantemen­te segnato anche la stagione passata eppure sappiamo bene come è andata a finire. Già sabato a Empoli servirà un segnale, per la classifica e per l’autostima, in vista del trittico di fuoco Chelsea-Juventus-Chelsea.

Cori, striscioni e tante maglie vintage rossonere con l’iconico numero tre: «Più che sul palco del Teatro Sociale sembra di stare in uno stadio» ha sorriso lo stesso direttore tecnico, che nell’incontro curato e condotto da Gianni Valenti e Luca Bianchin della Gazzetta ha raccontato al pubblico di sé e del suo Diavolo, emozionand­osi parlando di papà Cesare e dei figli Daniel e Christian, toccando poi tutti gli argomenti caldi.

A partire proprio dallo stadio. «Il Milan non finisce a San Siro: dobbiamo creare qualcosa che ci renda competitiv­i. Sennò ci raccontiam­o il passato ed è una prospettiv­a che non mi piace». Stadio nuovo significa più ricavi, quindi obiettivi più alti, vale a dire tornare a essere competitiv­i per la Champions, come ai tempi belli: «Più ricavi faremo e più investirem­o, da qui passa la ristruttur­azione del nostro calcio» ha aggiunto l’ex capitano, che s’è definito «garante del progetto, perché io ho radici forti, magari a differenza di altre figure che si fermano poco». Sul nuovo proprietar­io Cardinale: «Ha energia, vuole fare e ascolta». Su Pioli: «Un leader nato». Su De Ketelaere: «Va aspettato».

Non si può invece aspettare ancora troppo per il rinnovo di Leao, in scadenza a giugno 2024. Non sarà facile, anche se filtra un cauto ottimismo, perché il ragazzo sta lasciando intendere di voler restare. Vedremo. La strada è lunga, da gennaio il Chelsea e le altre faranno sul serio. Ma Rafa è un uomo fondamenta­le per il nuovo Diavolo che vuole tornare a sognare in grande. E Maldini lo sa benissimo.

Il sogno è tornare a correre per vincere la Champions. «Ma servono più ricavi»

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Bandiera Paolo Maldini, 54 anni, direttore tecnico del Milan, intervista­to al Teatro Sociale di Trento al Festival dello Sport

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