Evenepoel, fuga d’oro e arrivo solitario Big annientati dal talento presuntuoso
Il belga si prende il Mondiale con un’azione irresistibile, ma sbaglia a rinunciare al Lombardia
Poteva scegliersi qualunque futuro, Remco Evenepoel. Quello di calciatore visto che a 14 anni, conteso tra Anderlecht e Psv Eindhoven, era già capitano della Nazionale giovanile belga. O quello di mezzofondista di alto livello, considerato che a 15, con scarpe improbabili ai piedi, improvvisò una mezza maratona in un’ora e 16’. A 17 anni, invece, scelse il ciclismo, un po’ spinto dal padre Patrick (modesto professionista negli anni Novanta), un po’ perché nella bici vedeva il solo modo di liberare potenza e rabbia agonistica devastanti. Il talento non gli mancava: da junior vinse tutte le corse cui partecipò, saltando a piè pari il percorso del dilettantismo.
Considerato dagli invidiosi presuntuoso, arrogante e non sempre lucido tatticamente, ieri il 22enne fiammingo ha vinto il suo primo Mondiale uccidendolo e banalizzandone la trama. A Wollongong, in Australia, a 64 km dal traguardo (sul circuito con più curve della storia iridata) si è infilato in una fuga che i manuali di gara avrebbero riservato alle seconde o terze punte e non a un big, a meno 30 km si è involato con il kazako Lutsenko, a meno 24 km l’ha bastonato in salita proseguendo tutto solo verso il traguardo con quel suo stile da saldatore che picchia sui pedali per non far tardi in fabbrica. Prima ancora di alzare le braccia, ha zittito le critiche portando l’indice alla bocca, per non smentire la sua verve polemica.
Gli altri candidati alla vittoria, i tanti big che puntavano all’iride (Pogacar, il compagno di squadra Van Aert, Alaphilippe redivivo, Girmay, Sagan), sono stati incapaci di organizzare qualunque forma di resistenza. Arrivati al traguardo 2’21” dopo il belga, sul podio sono saliti il francese Laporte e l’australiano Matthews, i più veloci nel gruppo degli strabattuti. Quarto Van Aert che, a denti stretti, ha dovuto complimentarsi con un compagno che rispetta ma non ama: talenti così debordanti non possono andare d’amore e d’accordo.
Dopo aver affermato che la sua stagione finirà qui (speriamo ci ripensi: evitare il Lombardia così in forma e in maglia iridata è una bestemmia), Remco ha spiegato: «Ho previsto di attaccare da lontano, mentre a Van Aert era riservato il finale di gara. È stato
Campione poliedrico Capolavoro in Australia nella stagione in cui ha già vinto Liegi e Vuelta «Ho le gambe a pezzi»
Il bilancio azzurro Trentin quinto, Bettiol ottavo, Battistella e Conci attivi, Rota (13°) il più lucido nel finale
un grande lavoro di squadra ma non è stato facile: in salita avevo le gambe a pezzi». A chi come Merckx giudicava Remco troppo sciupone per vincere tanto, rispondono i successi degli ultimi sei mesi: il monumento Liegi-Bastogne-Liegi, la Vuelta, il Mondiale.
E gli italiani? La classifica dice 5° Trentin, 8° Bettiol, 13° Rota; il film della gara racconta di Battistella e Conci che hanno animato la fuga e di un Lorenzo Rota (27 anni, bergamasco emigrato in Belgio) lucido e forte nel finale. Risultato positivo considerata la modestissima stagione azzurra (due soli podi in corse minori su 90 in palio nelle prove World Tour) e le turbolenze politiche e amministrative in cui naviga la nostra federazione.