Corriere della Sera

La rabbia della base: «È stato un tracollo» Zaia chiede i congressi Fedriga: i governator­i vanno ascoltati di più

Il segretario vede i presidenti di Regione e convoca il consiglio federale. Ma non pensa alle dimissioni: «Il mio mandato è in mano ai militanti, non a due ex consiglier­i e un ex deputato»

- di Marco Cremonesi

La rabbia leghista dilaga sui social. Mentre i governator­i chiedono di riannodare i fili con i territori, Matteo Salvini corre ai ripari e convoca per oggi il consiglio federale e, senza troppa fretta, annuncia il congresso.

La sconfitta nelle roccaforti storiche, Lombardia e Veneto, brucia come il fuoco. E all’indomani del giorno più difficile, il primo commento è di peso. È Luca Zaia a dichiarare che «è innegabile come il risultato ottenuto dalla Lega sia assolutame­nte deludente, e non ci possiamo omologare a questo trovando semplici giustifica­zioni». Il governator­e veneto cita Rousseau («Il popolo ti delega a rappresent­arlo, quando non lo rappresent­i più ti toglie la delega») e più tardi, alla riunione che Salvini convoca con tutti i governator­i, chiede i congressi o, almeno, «un’assemblea programmat­ica». E invita il segretario a «non sottovalut­are il clima nel partito». Salvini, in effetti, non lo fa: tutta la prima parte del suo commento al voto è un lungo omaggio ai militanti che si impegnano «senza chiedere niente».

I toni alla riunione, in ogni caso, non sono incendiari. Oltre a Zaia, prende la parola Massimilia­no Fedriga che, secondo i presenti, pone il problema della definizion­e della linea e definisce «come non possibile che il nostro faticoso lavoro e i risultati nella negoziazio­ne con il governo venissero vanificati da distruttor­i dentro il partito che urlavano sempre contro».

E il partito, là fuori, ribolle. Si parla di raccolta di firme per il congresso e c’è chi chiede dimissioni, come l’ex segretario lombardo Paolo Grimoldi: «Dignità impone dimissioni immediate. Basta con la barzellett­a del regolament­o, dei “congressin­i” e del covid. Serve un unico congresso: quello della gloriosa Lega Lombarda».

Niente da fare, in realtà: «Non ho mai avuto così tanta determinaz­ione e voglia di lavorare», risponde Salvini, e osserva che il suo «mandato è in mano ai militanti, non in mano a due ex consiglier­i regionali e un ex deputato». Per concludere, «se qualcuno ha altri progetti, non siamo mica una caserma. Fino a che i militanti lo vorranno, faccio il segretario».

Salvini forse minimizza. Basta leggere cosa scrive l’assessore veneto Roberto Marcato: «Stiamo parlando di un tracollo vero e proprio» ed è un «dato drammatico. Io ho il cuore a pezzi e sono arrabbiato». La richiesta, di nuovo, è «che si vada a congressi, non per finta ma veri».

La mobilitazi­one su internet è insidiosa. Del resto, la stagione di Umberto Bossi segretario finì proprio con la campagna social organizzat­a da Salvini per Roberto Maroni. Gianluca Pini, ex segretario della Lega romagnola, ha rinnovato la richiesta (anche in tribunale) per consentire il congresso della Lega lombarda (cosa diversa dalla Lega per Salvini premier) e minaccia di «denunciare il commissari­o Igor Iezzi per truffa».

Matteo Bianchi, già candidato sindaco a Varese, torna a parlare di nord: «Tanto tuonò che piovve! Le avvisaglie c’erano tutte: destruttur­azione del partito sui territori, abbandono frettoloso dei temi sui quali la Lega è nata e cresciuta per andare in cerca di un facile consenso a latitudini in cui l’alta volatilità del voto è cosa nota». Così come Antonello Formenti: «Gli elettori ci hanno detto chiarament­e che non voteranno più la Lega se non torna a rappresent­are il Nord». I congressi non devono essere «quelli delle piccole sezioni ma quelli regionali e nazionale!».

Duri anche altri consiglier­i lombardi: per Gian Marco

Senna «il voto appare indiscutib­ilmente come un chiaro momento di rottura di questo legame “sacro” tra la Lega e la propria gente», Ugo Parolo dice «basta con la politica del “decido tutto io” o “degli amici“», Simona Pedrazzi chiede che «chi in questi anni ha lavorato senza ascoltare è giusto che si prenda le responsabi­lità e se necessario si faccia da parte». Per Toni Iwobi «il confronto interno che non c’è stato ora è assolutame­nte necessario»

Ma Salvini come la vede? Entro la fine dell’anno si completera­nno i congressi di sezione, nel 2023 «ci saranno quelli provincial­i e regionali. Infine, «ma a quel punto saremo già da tempo al governo» ci sarà «un bel congresso federale con delle idee».

Nelle roccaforti storiche di Lombardia e Veneto la sconfitta brucia come il fuoco

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