Corriere della Sera

L’esodo da Lega a FdI Il M5S dimezza gli elettori Calenda, sgambetto al Pd

La metà di chi aveva votato Carroccio nel 2018 passa a Meloni Il Movimento in quattro anni perde 6,4 milioni di preferenze mentre il Terzo polo pesca più dai dem che da Forza Italia

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ROMA Lo scossone che fa più rumore è, naturalmen­te, l’avanzata dei Fratelli d’Italia: dalle ultime elezioni del 2018 a oggi guadagnano 5,9 milioni di voti (e arrivano a 7,3 milioni di preferenze). Ma quello più imponente è la voragine dei 5 Stelle: in quattro anni lasciano per strada 6,4 milioni di elettori. Certo, rispetto ai sondaggi pre voto, quella di Conte viene vista come una rimonta, però il Movimento esce più che dimezzato da queste elezioni (da 10,3 a 4,7 milioni di voti).

In rosso i bilanci anche di Pd (-800 mila), Forza Italia (-2,3 milioni). E della Lega, il caso di queste elezioni, con 3,2 milioni di preferenze in meno.

Come si sono mossi gli elettori in questi quattro anni? A chi ha sottratto di più Giorgia Meloni?

FdI si fa più trasversal­e

Soprattutt­o alla Lega (erodendone il radicament­o al Nord). Tra chi oggi ha votato FdI — stima Noto Sondaggi — il 26,8% nel 2018 aveva scelto Lega. Meloni «ruba» anche a Forza Italia (15%) e attrae persino qualche elettore in fuga dai 5 Stelle (12%).

Consideran­do il «peso» di

I numeri FdI ruba anche a FI (15%) e attrae qualche elettore in fuga dai 5 Stelle (12%)

quel 26,8% in termini assoluti, «ben la metà dell’elettorato della Lega del 2018 ha votato adesso FdI — spiega Antonio Noto, direttore di Noto Sondaggi — un partito che in questa tornata ha preso voti anche da chi cinque anni fa non era andato a votare e che al Sud ha pescato anche da ex elettori M5S. FdI è dunque diventato un partito trasversal­e e non ha più un elettorato solo di destra: sul 26% che ha ottenuto, il 19% non è un voto ideologizz­ato, cioè non è di sinistra né di destra, mentre solo il rimanente 7% dell’elettorato si dichiara di destra. Il fatto tuttavia che non abbia superato il 30% è dovuto al fatto che, essendo nell’immaginari­o collettivo un partito di destra, non è riuscita ad attirare i voti di sinistra». La sfida adesso, per Meloni, sarà di «non rivolgersi solo agli elettori di destra, se vuole ampliare il numero di voti».

Gli altri passaggi

Per il resto: la Lega ha sottratto un po’ a FI (7,8%) e M5S (6,9); così come FI ha preso a sua volta dalla Lega (8,7) e M5S (7,3). Gli elettori in libera uscita dai 5 Stelle, viste le dimensioni dell’emorragia, in effetti hanno trovato casa un po’ ovunque (quando non si sono astenuti). Anche nel Pd: il 9,7% degli elettori dem era grillino quattro anni fa. «Abbiamo registrato — continua Noto — che ci sono stati flussi significat­ivi di elettori che si sono spostati dal M5S nel 2018 al Pd di oggi, mentre il contrario è avvenuto in misura marginale».

Effetto Terzo polo

In compenso, il Terzo polo di Carlo Calenda ha preso tanto dal Pd: il 37% del suo elettorato viene da lì. Ha eroso più il Pd che Forza Italia, con cui Calenda, dopo aver sottratto due nomi di peso come le ministre Carfagna e Gelmini, aveva ingaggiato una sfida per diventare il riferiment­o dell’elettorato moderato.

Lorenzo Pregliasco, di YouTrend, parla di «effetto Terzo polo». Perché aver «drenato più al Pd che a destra è costato caro alla coalizione di Letta: ha fatto perdere collegi in Emilia-Romagna, Toscana e, soprattutt­o, quello di Roma, dove correva Bonino. L’elettorato è più sovrapponi­bile, dopotutto Renzi e Calenda erano nel Pd fino all’altroieri».

Astensione al 36,1%

Il M5S ha pagato molto l’astensione. Per capirne la portata, continua Pregliasco, basta un dato: «Il centrodest­ra ha preso 12 milioni di voti e ha stravinto. Veltroni nel 2008, solo con il Pd, prese 12 milioni e perse».

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