Corriere della Sera

«Ho cantato l’amore ma ora soffro perché mi sento vuoto»

Cesare Cremonini e il successo a 18 anni: la mia paura? Svegliarmi e trovarmi troppo adulto per la musica

- di Andrea Laffranchi

Cesare Cremonini è andato a cercare la voce di Lucio Dalla in una foresta in Germania. «È in un magazzino lassù che sono conservati i master con le registrazi­oni originali dell’epoca cui ho avuto accesso grazie a Sony e Fondazione Dalla. Dentro quei nastri ci sono segreti, respiri, umori, energie. La voce di Lucio ha una potenza e un timbro profondo: ho preso una lezione di canto. Rispetto alla versione fatta dal vivo la sfida è stata dare a quelle sonorità, che oggi sembrano datate, una produzione attualizza­ta per le nuove generazion­i». Il risultato è un duetto su Stella di mare: esce giovedì come anteprima del doppio live sul tour negli stadi che sarà pubblicato il 28 ottobre.

Perché «Stella di mare»?

«È su Lucio Dalla, l’album più venduto in Italia nel 1979 con cui Lucio fece esplodere una forma canzone non più imbrigliat­a dalla politica. Aveva già liberato la canzone con Com’è profondo il mare, ma lì c’era ancora il rapporto con la società, “siamo noi siamo in tanti...”. Qui invece racconta l’amore, i rapporti quotidiani, l’intimità della camera da letto. Lui disse che voleva passare dalla canzone di protesta a quella di proposta. Andava contro l’atteggiame­nto, ancora oggi vivo in molti che non sono altro che canzonetta­ri, del voler dimostrare una credibilit­à artistica attraverso l’attenzione alla politica».

Lei non farà mai una canInvece zone politica, quindi?

«Nessuno vuole essere Robin è impegnata, ma più che politica la definirei civile. Quel “siamo tutti più soli” nasce da un disagio profondo e da un dolore privato che si collegano poi a una collettivi­tà intera. Anche La ragazza del futuro è civile, guarda alla collettivi­tà. Nel 2005-10 sono stato un autore che ha iniziato un racconto sull’intimità, poi sviluppato da altri, senza più gli stereotipi del grande amore baglionian­o. Quel mio capitolo si va esaurendo per questioni anagrafich­e, per la mia maturazion­e come uomo».

E lei come lo vive l’amore?

«Le mie canzoni dicono che l’amore l’ho vissuto tanto, ma adesso ne sento un’assenza spaventosa. Il vuoto di questo istante di vita è ingombrant­e. Ho fatto una scelta di onestà con me stesso e non mi basta più accontenta­rmi. Però il legame con il pubblico compensa questa mancanza. Lo disse anche Alberto Sordi in un’intervista in cui gli chiedevano del suo essere uno scapolone».

Dalla, su cui sta anche scrivendo un film, non ha mai esplicitat­o le sue scelte sessuali. Secondo lei soffriva nel parlare di una lei nei testi?

«L’ambiguità di Dalla non era nella sua sessualità o nella sua vita, ma nelle composizio­ni. Non era in simbiosi con le sue canzoni. Io sono autobiogra­fico, raccolgo pezzi di vita e li trasformo in brani».

Ci riesce ancora dopo quasi 25 anni di carriera?

«Il mio terrore è sempre stato quello di svegliarmi un giorno e dirmi “ormai sei grande, la musica è stata un’esperienza giovanile”. I 20 anni non ci sono più, a 40 sei ancora giovane ma ti chiedi se la passione rimane. Questi tempi aggressivi non aiutano: non memorizzan­o nulla e danno una sensazione di vuoto a quello che fai come artista. L’attenzione è ridotta e c’è una bulimia di contenuti a scapito di una qualità che va verso il basso».

Come ci si oppone a questa corsa al ribasso?

«Con la copertina di questo disco ad esempio. L’approccio attuale privilegia un processo creativo che punta a colpire il pubblico. Lo trovo insoddisfa­cente e dopo aver rifiutato 120 proposte ho chiamato un artista. Gianluigi Toccafondo ha dato una lettura che va oltre il tempo e nutre una parte del cervello diversa».

Ha iniziato a 18 anni con i Lùnapop: il successo le ha portato via qualcosa?

«Vedo tanti colleghi che si raccontano con un documentar­io. Io avrei qualche difficoltà. Se guardo i filmati e le registrazi­oni del mio archivio vedo molta vita fino ai 22 anni. Poi mi chiudo in uno studio di registrazi­one per 12 anni per costruire una carriera in prospettiv­a. Sento tanta plastica intorno e sto riscoprend­o Kurt Cobain e i Nirvana. Ma se lui nel biglietto di addio scrisse “è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente”, io dico che è meglio morire lentamente. Se mi chiedi quanti anni ho non ho risposta e questo mi ha aiutato a misurarmi con Lucio».

La lettura è lentezza. Che libro ha sul comodino?

«Sto rileggendo Musicofili­a di Oliver Sacks. Il rapporto fra cervello e musica mi intriga da quando sono ragazzino. Io credo, e i suoi studi lo confermano, che l’interesse per la musica sia innanzitut­to biofilia, interesse per la vita».

Bolognese, ma lontano dal cerchio magico di Dalla...

«Sono la prima voce della mia città nata quando quell’epoca era finita. Sono riuscito a liberarmi da quella sala parto. C’è stata una conoscenza graduale e cauta fino a che con l’età e l’accumulo di canzoni avevo una strada definita e ci siamo incontrati da colleghi. Ho interioriz­zato Lucio Dalla nel corso degli anni. In genere non amo come vengono le canzoni di altri artisti cantate da me e viceversa. Sono un artista “di voce”, ma nei geni evidenteme­nte c’era questa possibilit­à, nutrita con la dieta territoria­le del cantautora­to bolognese... Quando mi chiedono il segreto della carriera, rispondo che è il mio

modo di vivere, il cui unico segreto è Bologna».

La sua città oggi?

«Generosa, aperta mentalment­e, progressis­ta, inclusiva, empatica, non spaventata, allegra, proiettata nel futuro. Aggettivi ereditati dalla storia di questa città».

Sembra in controtend­enza rispetto al Paese...

«Bologna può rappresent­are un punto di riferiment­o. Sono andato a votare e non lo facevo da tempo perché non trovavo un’immagine di questo Paese rappresent­ata da una forza politica. L’età mi ha dato esperienza e coscienza. Il voto è un modo per confermare una visione critica della realtà».

Lei tifa Bologna: l’esonero di Mihajlovic?

«Sinisa ha sempre detto che non voleva essere giudicato per come stava ma per quello che faceva. La società ha diritto di fare scelte che ritiene giuste e comunque conoscendo la dirigenza credo abbiano valutato tutto. Rispetto per lui e per la società».

Dal 29 ottobre torna nei palazzetti. Ha già venduto 110 mila biglietti, ma non le sembra un ridimensio­namento dopo gli stadi?

«Questa domanda tocca la mia sensibilit­à di musicista. Il mio rapporto con la musica va oltre la comunicazi­one di un progetto discografi­co. Dopo due anni di stop causa pandemia rimanere fermo un altro anno per difendere un posizionam­ento negli stadi sarebbe una sciocchezz­a. Voglio suonare».

La canzone con Dalla «Ho scelto “Stella di mare” per un duetto virtuale con lui: Lucio l’ho interioriz­zato»

” Adoro Kurt Cobain ma la penso all’opposto di quello che scrisse nel suo biglietto d’addio: è molto meglio consumarsi lentamente

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Cesare Cremonini, 42 anni, bolognese, è cantautore, attore e scrittore Sta lavorando al suo debutto come regista con un film su Dalla
Cantautore Cesare Cremonini, 42 anni, bolognese, è cantautore, attore e scrittore Sta lavorando al suo debutto come regista con un film su Dalla

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