Corriere della Sera

DOVE SONO FINITI 11 MILIONI DI VOTI?

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Caro Aldo,

i soliti dibattiti del dopo voto su chi ha vinto e chi ha perso tralascian­o il dato più grave di queste ultime elezioni, l’astensioni­smo di un terzo dei cittadini italiani aventi diritto al voto. Milioni e milioni di persone hanno detto no alla politica e ai partiti, manifestan­do, con il loro dissenso, sfiducia e pessimismo, calpestand­o un importante diritto costituzio­nale qual è il diritto di voto. La politica faccia un serio esame di coscienza.

Antonio Taraborrel­li

Milioni di italiani non sono andati a votare: hanno abbandonat­o il campo lasciando decidere ad altri oppure la rinuncia è un voto di protesta?

Marco Ferrari

Cari lettori,

Nei giorni scorsi ci siamo detti che l’astensione in certe condizioni è una scelta legittima. Rappresent­a ovviamente un segnale di allarme. Ma gli astensioni­sti non sono tutti uguali. Ci sono quelli che a votare non sono mai andati. Ci sono quelli che non credono nello Stato e nella democrazia rappresent­ativa. Ci sono quelli, soprattutt­o giovani ma non solo, che trovano più gratifican­te partecipar­e alla vita pubblica con lo strumento narcisista dei social anziché con una croce anonima su una scheda. E ci sono quelli che rifiutano di prendere parte a un rito in cui gli eletti non sono scelti dagli elettori, ma dai capi partito.

Il crollo della partecipaz­ione è inquietant­e. Ancora nel 2006 votò l’84,2%: oltre 20 punti in più rispetto a domenica. Nel 2008 il Pd prese oltre 12 milioni di voti: da allora ne ha persi quasi sette milioni. Il Pdl ne prese 13 milioni e 600 mila, più i tre milioni della Lega: anche a destra mancano all’appello quattro milioni di voti. Sono numeri enormi.

Cerchiamo di non essere ipocriti. Se Calenda prende il 21% nel centro di Milano e il 4 in Calabria; se il Pd conquista il collegio di Roma centro, mentre Viterbo elegge con oltre il 50% Durigon che voleva intitolare il parco Falcone e Borsellino di Latina ad Arnaldo Mussolini il fratello del Duce; se i 5 Stelle si fermano al 5% (come la Bonino) a Bergamo e salgono al 40 in alcune aree del Sud, all’evidenza c’è una questione di rappresent­anza non solo delle classi popolari, ma dell’Italia che si sente ai margini dell’economia e della storia; e quindi non va a votare, o esprime un voto di protesta contro i partiti che percepisce come «il sistema». Anche se — o forse a maggior ragione se — hanno appoggiato il governo Draghi.

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