Corriere della Sera

Federer e Caproni: il congedo è un’arte

- Paolo Di Stefano

Il congedo di Roger Federer è stato uno dei momenti pubblici più commoventi degli ultimi tempi: lui e il suo carissimo nemico-amico Rafael Nadal, alla Lever Cup, in lacrime mano nella mano dopo aver giocato (e perso) il doppio in coppia. Sopraggiun­ti guai fisici. Come quelli che hanno consigliat­o ad Andrea Ranocchia l’addio ai campi di calcio. Più in piccolo e meno spettacola­re, naturalmen­te, ma anche il suo è stato un congedo di grande dignità ed emozione: dopo un grave infortunio da cui avrebbe potuto riprenders­i, l’ex difensore dell’Inter (un tipo gentile, mai una polemica per essere lasciato in panchina) ha confessato su Instagram che da un po’ non sentiva più le motivazion­i necessarie per continuare a giocare, così ha preferito prima rescindere il contratto con il Monza (la sua nuova squadra) rinunciand­o a due anni di stipendio e poi annunciare l’addio. Ha lasciato ringrazian­do tutti: allenatori e compagni del passato e del presente («tutti mi hanno dato qualcosa e... spero di aver dato qualcosa anche a loro»). Charlie Chaplin diceva: non importa come entri in scena, importa che al congedo, comunque sia andato lo spettacolo, tu sorrida facendo il tuo inchino migliore. Viene in mente una celebre poesia di Giorgio Caproni, Congedo del viaggiator­e cerimonios­o, in cui l’addio è quello definitivo anche se viene raccontato come fosse un viaggio in treno al termine della corsa: «Amici, credo che sia / meglio per me cominciare / a tirar giù la valigia (...) / Con voi sono stato lieto / dalla partenza, e molto / vi sono grato, credetemi / per l’ottima compagnia». I grandi poeti trovano sempre le parole giuste, riescono ad aggirare la retorica anche sui temi estremi (veri o falsi, vicini o lontani). Sul congedo, Aldo Palazzesch­i ha scritto versi di elegia e di allegria: «E ora vi dico addio / perché la mia carriera / è finita: / evviva! / Muoiono i poeti / ma non muore la poesia...». A ciascuno la sua uscita di scena. Per fortuna ci sono congedi ordinari, meno drammatici di quelli cantati dai poeti e meno spettacola­ri di quelli del tennista svizzero o di un attore come Charlot. Per esempio, pensando alle recenti elezioni: la qualità dei non pochi leader sconfitti si vedrà anche dal modo di congedarsi, dalla capacità e dallo stile. Caproni conclude la sua poesia con molta semplicità: «Scendo. Buon proseguime­nto».

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