Eni, spinta sui biocarburanti «Aerei e camion più puliti»
Ricci, direttore Energy evolution: saliamo da 1,5 a 6 milioni di tonnellate
L’Italia ha consumato 1,5 milioni di tonnellate di biocarburanti nel 2020. Oggi i biocarburanti sono già presenti in quota parte nel pieno che facciamo alla pompa di benzina, ma dal prossimo gennaio potranno essere usati in purezza, come avviene nel Nord Europa.
L’Italia è pronta? Eni ha già due bioraffinerie a Gela e Venezia. Bastano? «Eni arriverà a produrre 2 milioni di tonnellate di biocarburanti nel 2025 e puntiamo a 6 milioni di tonnellate nel 2035 — risponde Giuseppe Ricci, direttore generale Energy evolution di Eni —. Oggi abbiamo già in progetto l’aumento della capacità della Bioraffineria di Venezia. Sia a Gela che a Venezia produrremo inoltre anche biocarburanti per aviogetti. L’intenzione è di convertire un’altra raffineria in Italia. Presto però per indicare dove».
Chi potrà fare il pieno con i carburanti bio in purezza? «Innanzitutto i mezzi pesanti che sono tutti omologati e per i quali non ci sono alternative mature per decarbonizzarli, e poi anche la maggior parte dei veicoli Euro 5 e 6», risponde Ricci. Certo, si parla di 2,5 euro al litro per i carburanti bio... «Ridurre il carico fiscale sul costo alla pompa sarebbe una scelta logica e sensata», segnala Ricci.
I biocarburanti prodotti con rifiuti riducono di più le emissioni. Ma l’importante è che la filiera dei biocarburanti sia circolare. «Oggi le “cariche” che garantiscono il maggiore abbattimento di Co2 arrivano da scarti e rifiuti, per esempio scarti di grassi animali o di olii vegetali — osserva Ricci —. Gli olii esausti oggi in Italia sono riciclati al 2030%. Recuperiamo 60-70 mila tonnellate ma il potenziale è di 300 mila. Detto questo, stiamo battendo anche un’altra strada: l’utilizzo di produzioni che arrivano da Paesi africani come Kenya, Angola, Congo, Benin, Costa d’Avorio, Ruanda e altri, sfruttando terstiamo reni non edibili e dando lavoro a decine di migliaia di persone». Solo il 12% delle materie prime con cui sono prodotti i biocarburanti in Italia arriva dal nostro Paese. È un problema? «In realtà no, di certo non nel nostro caso — risponde Ricci —. In Africa utilizziamo terreni inadatti a produrre alimenti per l’uomo perché aridi o inquinati, oppure per la rotazione delle colture. Per quanto riguarda il trasporto delle “cariche”, questo incide in modo contenuto sul taglio delle emissioni legate al carburante prodotto, diciamo meno di un 10%. Dal 2023 abbiamo scelto di non utilizzare più olio di palma. E lavorando su materie prime diverse come l’olio di ricino. Inoltre con queste colture creiamo posti di lavoro in Paesi in via di sviluppo».
I biocarburanti «buoni» vanno benissimo per decarbonizzare il trasporto aereo, marittimo e dei mezzi pesanti. Ammesso e non concesso che questa tecnologia sia considerata dall’Europa al pari dell’elettrico, si possono produrre abbastanza biocarburanti per il trasporto di massa? «La produzione di materie prime per i biocarburanti non è un problema e ci sono centinaia di milioni di tonnellate di scarti e rifiuti da recuperare e di oli vegetali non edibili da produrre. Non credo comunque a un’unica strada per decarbonizzare i trasporti. Bisogna trovare in modo pragmatico l’equilibrio più efficiente». E gli e-fuels, i carburanti sintetici? «Stiamo lavorando. Ma si tratta di una tecnologia che ha bisogno di una ventina d’anni di lavoro e ricerca per diventare matura».