Per tornare a capire l’amore serve una nuova educazione
Leon Battista Alberti sosteneva che l’amicizia fosse un sentimento superiore all’amore, perché disinteressato. La tradizione classica, infatti, non ha posto l’amore-passione ossessivamente al centro della riflessione sui sentimenti proprio per le sue componenti irrazionali già note dal Simposio di Platone preferendolo declinare con vari termini come eros, filia, àgape… Sarà il Romanticismo a elevare l’amore a primo sentimento, legandolo alla vita e alla morte, ed evidenziando l’insanabile frattura tra l’amore coniugale socialmente accettato e il cavalleresco amore-passione in stile «Tristano e Isotta», differenza raccontata dal filosofo Denis de Rougemont in L’amore e l’Occidente. Oggi, il pragmatismo e la rivoluzione digitale hanno espulso l’educazione sentimentale ed estetica dal sistema pedagogico lasciando orfano l’amore. Più informatica e meno Petrarca, si predica: l’esito, però, è sotto gli occhi di tutti. Ritornare al Romanticismo potrebbe apparire politicamente rischioso per quei richiami — come già scrisse Rudiger Safranski nel suo Romanticismo — alla identità, alla tradizione, allo spirito dell’Heimat ma sarebbe, al contempo, un’urgenza per ridare valore all’educazione estetica e sentimentale.
Stefano Zecchi, formatosi come docente di Estetica proprio sui filosofi romantici e Goethe, propone un libro sull’amore in un momento in cui il vocabolo appare discusso più in termini legali-procedurali che filosofico-sentimentali. È un libro colto (In nome dell’amore. Le molte forme di un sentimento antico e misterioso,
Mondadori, in libreria da oggi), ma del genere che gli eruditi settecenteschi avrebbero definito «pour dames», ovvero esposto con un linguaggio dialogante.
Risponde a interrogativi che tutti si pongono: cosa sia l’amore, il rapporto amorematrimonio, chi sia l’altro, cos’è il farsi una storia, quali le parole dell’amore… Richiama Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes e Innamoramento e amore di Francesco Alberoni e nasce «dall’esigenza di sottrarre alla deriva dell’inattuale il discorso sull’amore, completamente ignorato, svalutato, schernito, tagliato fuori».
La parola amore, infatti, ha trovato oggi una inarrestabile
diffusione che è inversamente proporzionale alla riflessione sul senso di questo sentimento e al pudore che lo accompagnava. Tanto più la sfera pseudo-sentimentale è esibita (anche in politica) tanto più è strumentalizzata, è retorica, autogossip, finzione.
Ma dopo la stagione dell’amore liberato dalla religione e dalla politica (Stalin assegnava al matrimonio laico una funzione cruciale nella stabilizzazione dello Stato), dopo la rivoluzione sessuale, la psicoanalisi, il femminismo, il divorzio, le Carmen uccise ogni anno, l’affermazione LGBTQ+, la fragilità dei vincoli c’è urgenza di riflettere sull’amore come sentimento da riformulare. Comunque si
manifesti — interiore o esteriore, sbagliato, sacrificale, illusorio o crudele… — oggi l’amore è privo di educazione sentimentale.
Nel suo celebre libro Dell’amore, Stendhal scriveva: «Cerco di capire questa passione [l’amore] nella quale tutti gli sviluppi sinceri portano il segno della bellezza». Oggi la bellezza dell’amore è negata e banalmente sostituita dall’estetica kitsch del tatuaggio e del chirurgo manipolatore. Anche l’amore come esperienza che si sviluppa nel tempo è bruciata dall’obsolescenza, che non gli permette di entrare nel tempo della Storia.
Il senso di questa indagine è che «il diritto all’amore sviluppa tutti gli altri diritti, dal rispetto della Terra a quello per gli animali e per gli esseri umani. Il diritto privato, personale, all’amore apre l’individuo alla dimensione pubblica e la giustifica, ne fa comprendere il senso e il valore».