«Il nostro rock, dai furgoni a Ligabue»
La band perugina «Fast Animals...»: duetto nato da una mail dopo lunghi anni di gavetta
Come si passa dal dormire in quattro nello stesso letto, non mangiando e suonando anche gratis, al fare una canzone con Ligabue? A guardare oggi i Fast Animals and Slow Kids, gruppo rock di Perugia accolto a ogni concerto da grandi bagni di folla, il passo sembra breve, invece è stato tutt’altro che semplice: «Se sei una band in Italia, e soprattutto se fai rock, devi crederci davvero molto — spiega Aimone Romizi, frontman 34enne dall’energia spericolata —. Ti trovi davanti tanti ostacoli e devi sopportare. Noi all’inizio suonavamo in qualsiasi posto, dormivamo in furgone o tutti insieme da chiunque ci ospitasse, ci auto-organizzavamo i live. Poi le cose hanno cominciato a ingranare, ma ci vuole una convinzione particolare per fare questa scelta».
Dal 2008 quando sono nati, i Fask (acronimo con cui vengono chiamati dal loro pubblico) si sono conquistati ogni fan con una lunga gavetta, fino ad arrivare ai sold out dell’ultimo tour che ha accompagnato l’uscita del sesto disco «È già domani». La collaborazione con Ligabue, che duetta con loro nel nuovo brano «Il tempo è una bugia» è stata un’ulteriore consacrazione: «È nata con lo stesso approccio che abbiamo da sempre, cioè sognando. Ci siamo chiesti con chi potevamo confrontarci in Italia per fare rock in modo ancora più importante». A Liga si sono rivolti «mandandogli una mail con un allegato word — spiegano —. Volevamo anche solo parlargli, darci uno slancio in avanti, guardare verso la luna. È nato uno scambio molto bello, a riprova che le cose che sembrano irraggiungibili alla fine sono persone e umanità». I Fask sanno che i loro fan più underground potrebbero non approvare un brano con un colosso mainstream come Ligabue, ma vanno avanti dritti: «Abbiamo imparato tanto tempo fa che fare delle scelte basate su chi hai intorno è sbagliato. Non vogliamo limiti e se ci appassioniamo all’italodisco, l’anno prossimo facciamo un album italodisco. Le persone da accontentare siamo solo noi quattro, siamo auto-tutelanti ed è anche il motivo per cui abbiamo iniziato: fare musica che ci proteggesse dal resto del mondo».
Il loro percorso va in controtendenza rispetto alle dinamiche che oggi vedono molti esordienti balzare di colpo a un successo enorme: «La verità è che è cambiato il mondo e ora è quasi la norma passare dalle stalle alle stelle. L’unico dubbio è: se parti col botto, come mantieni una carriera lunga? E per noi lo scopo è proprio questo, durare il più possibile — riflette Romizi —. All’inizio, poi, eravamo scarsissimi, quindi se ci fosse capitato di partire con concerti da 30mila persone, avremmo fatto una figuraccia colossale».
Oggi invece i live sono il loro punto di forza: Aimone salta, si getta sulla folla, si concede al pubblico con una generosità contagiosa. Nell’ultima data del tour si è anche arrampicato su un lampione. Cosa potrebbe combinare a Sanremo? «Lì serve il pezzo, un bel pezzo, una sintesi intelligente che ci rappresenti — risponde, senza nascondere l’interesse —. Certo è un palco da provare, uno dei più importanti che ci sono. Ma è tutto nelle mani della musica».