Mosca ha fretta di finire l’annessione: già annunciato il Sì delle quattro regioni
I filorussi cantano vittoria appena chiusi i «seggi» nei territori occupati. Il proconsole sarà Rogozin
Ma porterà in Ucraina anche suo figlio? Magari a combattere? Cinque giorni fa, quando dalla Bbc gliel’hanno chiesto in un tweet, Dmitry Rogozin ha risposto in modo eloquente: bloccando l’account del giornalista. In effetti, il figlioletto avrebbe l’età. Però è comodamente imboscato e di sicuro non seguirà papà, quando venerdì Vladimir Putin andrà alla Duma per proclamare le quattro nuove province annesse dal finto referendum e nominare Rogozin, 58 anni ed ex direttore dell’agenzia spaziale Roscosmos, suo proconsole nell’Ucraina conquistata.
Lo Zar avrebbe scelto il destrissimo Rogozin di persona: colonizzatore dell’Artico russo, fautore dell’indipendenza in Transnistria, famoso per le polemiche con Elon Musk, da ambasciatore alla Nato fu lui a lottare contro l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza. Non si sa come lo chiameranno, questo 9° Distretto russo affidato a Rogozin, che oltre alla Crimea comprenderà il Donbass, Kherson e Zaporizhzhia. La farsa è finita e il risultato servito: «Più del 95% ha detto sì all’annessione». «Bentornati in Russia» ha postato su Telegram Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, mentre le autorità filorusse delle regioni di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia annunciavano la vittoria.
Nel 5° giorno di «referendum», l’ultimo, s’è passati dal voto domiciliare coi fucili puntati ai seggi aperti, dove s’è potuto: dall’Ucraina bombardavano e gli elettori, nel Lugansk, sono scappati in tre rifugi. Poche tracce dei cosiddetti osservatori internazionali, pure i 13 italiani, in gran parte riportati a Mosca per ragioni di sicurezza e perché, con la loro presenza, avevano già adempiuto alla funzione di propaganda. «Hanno svolto un’azione politica e non neutrale», li boccia Anton Shekhovtso, capo della principale ong di monitoring Ue: la Commissione europea dice che hanno violato le sanzioni e potrebbero essere puniti. Uno che dirige una compagnia energetica tedesca è stato licenziato per avere «compromesso» gl’interessi aziendali. La condanna del Consiglio di sicurezza Onu è scontata. E ovvio il veto russo, anche se fino all’ultimo si tenta di convincere Cina e India a votare la risoluzione contro Putin. A Washington è pronta una richiesta d’altri 12 miliardi d’aiuti per l’Ucraina, in aggiunta ai 53 già approvati, ma difficilmente se ne discuterà prima del 4 ottobre, quando la Camera Alta di Mosca ratificherà l’annessione dei quattro oblast e «ogni scenario sarà possibile», come minaccia il putiniano Dmitry Medvedev, agitando il solito spettro nucleare. «Questo referendum non avrà alcuna influenza sulla situazione militare o diplomatica», è sicuro il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ricordando come i russi siano nel panico e a Kharkiv, dopo la ritirata, controllino solo il 6% della regione. Putin fa il magnanimo — «non richiameremo in patria chi si sottrae alla mobilitazione» —, ma ha fretta e paura di perdere pezzi d’impero: perfino fedeli Paesi satelliti come il Kazakhstan, dove sono fuggiti 100 mila russi, hanno detto che non riconosceranno l’annessione e, anzi, assisteranno i disertori. Già ieri sera, racconta il sindaco di Mariupol, ai «nuovi russi» del Donetsk sono arrivate le prime cartoline per il fronte: «Se uno viene a casa tua col fucile e ti dice di votare, tu che fai? — chiede il borgomastro, Vadym Boychenko —. E se poi ti dice che devi andare a combattere? Il 95% ha detto sì? Ma certo! A Mariupol c’erano 541 mila abitanti, oggi 100 mila. E hanno votato in 20 mila». Il sindaco ha tempo d’ironizzare sulla Russia che, nelle stesse ore dei risultati, decide di non mandare film ai prossimi Oscar: «Con questo voto fasullo, la fiction migliore ce l’hanno fatta vedere qui».
«Mosca non manda film ai prossimi Oscar? La loro fiction migliore è questo voto fasullo»