«Decreto flussi e posti di lavoro, priorità alle liste del Reddito»
Condizionare la quota di migranti ammessi in Italia alla disponibilità di lavoratori, italiani o stranieri (ma già presenti sul suolo nazionale) anche attingendo alla platea di quanti ricevono il reddito di cittadinanza. La strategia è stata illustrata dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, intervistato da Milena Gabanelli per Dataroom sul Corriere.it.
Annunciando che il governo è al lavoro per «porre le basi» del nuovo decreto flussi, Piantedosi ha spiegato: «Dovrà tenere conto dell’inesistenza di disponibilità di determinate posizioni di lavoro sul territorio nazionale». E qui il tema incrocia quello del reddito. «In coerenza con l’iniziativa del governo su questo tema — spiega il ministro — il decreto flussi sarà adottato al netto della possibilità di recuperare quanti percepiscono il reddito e possono essere indirizzati verso il mercato del lavoro». Il collegamento tra le due misure rivela un obiettivo politico. Ma dal Viminale precisano che «la considerazione delle esigenze del mercato del lavoro» nella definizione del numero di lavoratori reclutabili all’estero, non è una novità: «È già prevista dall’articolo 22, comma 2, del testo unico sull’immigrazione che impone al datore di lavoro che intende instaurare un rapporto subordinato con uno straniero residente all’estero, di documentare l’indisponibilità di un lavoratore già presente».
Lo scopo è tenere bassi i numeri. Sebbene la Coldiretti ipotizzi una necessità di 100 mila lavoratori stranieri, solo per rispondere alle necessità delle aziende agricole. Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, prova a mediare: «C’è un allarme del settore che chiede personale attraverso il decreto flussi, non trovandolo sul mercato interno. Noi abbiamo chiesto una verifica. Non importiamo schiavi, occorre dare la giusta formazione».
Un’altra possibile novità del decreto ancorerebbe la definizione dei paesi ai quali assegnare quote di ingressi, alla capacità dei rispettivi governi di frenare le partenze verso l’Italia e di accettare i rimpatri. Intanto la nave Humanity 1 è tornata in zona soccorsi tra Libia e Sicilia: il capitolo Ong rischia di riaprirsi.