Corriere della Sera

Mahak, un altro volto simbolo delle proteste Il mistero della «martire» con il cappellino

La 16enne iraniana morta «con la schiena spezzata»

- Irene Soave

Un cappellino da baseball e lunghe unghie finte, rossetto brillante: il volto della sedicenne Mahak Hashemi di Shiraz, nell’Iran centromeri­dionale, si aggiunge alla galleria dei giovanissi­mi martiri della rivoluzion­e, innescata a metà settembre dalla morte di una ventiduenn­e, Mahsa Amini, uccisa di botte dalla polizia perché indossava male il velo. Secondo le notizie raccolte e diffuse dalla Ong Iran Human Rights Society, Mahak girava da settimane senza velo, in cappellino da baseball; il 24 novembre sarebbe uscita come ogni mattina, salutando il padre e le sorelline minori — la madre sarebbe morta anni fa di cancro e Mahak secondo i parenti ne avrebbe praticamen­te preso il posto — per non tornarci mai più. Due giorni dopo, a casa Hashemi, sarebbe arrivata la chiamata: all’obitorio c’erano due cadaveri senza nome, toccava al padre riconoscer­e Mahak. Impresa non semplice. Mahak Hashemi sarebbe morta irriconosc­ibile, col volto deturpato dalle botte della polizia e la schiena spezzata dalle manganella­te.

La sua storia, divulgata da Iran Human Rights Society ma non da molti media internazio­nali né dalle ong più note che operano in Iran, come Ihr e Hrana, va ad aggiungers­i alla galleria degli orrori della repression­e da parte della teocrazia iraniana: da metà settembre, quando sono iniziate le proteste in decine di città iraniane, gli arresti sono ormai più di 14 mila, e le vittime oltre 450 di cui almeno 50 bambini, conteggio non delle autorità ma dei media indipenden­ti e delle ong come Hrana, che tengono anche il conto delle condanne a morte, ormai fino a tre al giorno. Il governo diffonde informazio­ni di questo tipo con grande cautela, ignorando o smentendo le notizie delle ong; ieri però un alto ufficiale dei pasdaran, il generale Ali Hajizadeh, si è lasciato scappare un’ammissione di «più di trecento vittime».

Nel caso di Mahak Hashemi, la polizia sostiene ad esempio che sia morta in un incidente. Non strano: anche la morte di Mahsa Amini, e di molti altri tra i manifestan­ti, era stata poi derubricat­a. Però allo scetticism­o sulla storia del berrettino si uniscono anche alcuni parenti della ragazza, che sui social chiedono di «smettere coi pettegolez­zi». E la lista delle vittime della protesta della ong Hrana, costanteme­nte aggiornata, non riporta (ancora) il nome di Mahak.

Eppure il suo volto, e il suo berrettino, si aggiungono agli altri volti mai velati, ambosessi, sempre giovanissi­mi, che simboleggi­ano l’autunno caldo iraniano. Migliaia di utenti sui social si sperticano nel

Dal Qatar a Teheran Tra chi la ricorda sui social anche l’ex calciatore iraniano Ali Karimi

suo ricordo e tra loro l’ex calciatore iraniano Ali Karimi su Instagram; le guardie della rivoluzion­e lo criticano, e non è un mistero che i gesti di protesta dei suoi colleghi iraniani ai mondiali del Qatar, come la rinuncia a cantare l’inno, siano costati ai loro familiari minacce di tortura e di condanne a morte da parte delle stesse guardie della rivoluzion­e, che li avrebbero invitati a una «riunione informale» per terrorizza­rli (così la Cnn, ieri, citando fonti di intelligen­ce).

E del resto, se anche quella della martire col cappellino Mahak fosse una leggenda, sono vere le altre agghiaccia­nti storie di ragazzi, ragazzini, bambini uccisi dal regime.

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Mahak Hashemi, 16 anni, di Shiraz: è stata trovata morta
Sui social Mahak Hashemi, 16 anni, di Shiraz: è stata trovata morta

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