BARNARD, GENIO CHE POCHI RICORDANO
Era stata la madre, Maria Elizabeth, a dargli la convinzione che i figli potessero fare qualsiasi cosa avessero in testa. Lui l’aveva presa alla lettera e concepito quello che nessuno aveva mai osato prima: trapiantare un cuore umano. Solo per questo Christiaan Barnard meriterebbe gratitudine eterna. La Storia gli ha steso prima un tappeto rosso e poi l’ha lasciato sulla porta. La natura umana conosce cuori che nessun medico è in grado di guarire. Contengono invidia e rancore. Barnard nasceva giusto cent’anni fa in un piccolo centro della Provincia del Capo, Beaufort West, in Sudafrica. Un fratello, Abraham, era morto da piccolo per una patologia cardiaca. Forse già da allora Christiaan aveva deciso di ingaggiare la lotta contro la morte. In tutte le sue forme. Contro l’ignoranza che è la morte della conoscenza, contro il comune sentire che è la morte del coraggio e dell’osare. Come molti Grandi in pochi gli hanno tributato per questo anniversario il doveroso ricordo. Sono gli stessi che nel 1967, dopo la notizia della sua incredibile operazione all’ospedale Groote Schuur di Cape Town, si spintonavano per omaggiarlo. Gente che voleva vivere di celebrità riflessa. Come una certa comunità scientifica che di scientifico aveva solo la precisione di colpire chi provava a oscurare il prestigio acquisito, soprattutto, fuori dalla sala operatoria. Barnard ci mise del suo all’epoca. Finendo tritato in quel circo Barnum di comparsate in tv e pettegolezzi rosa. L’Italia lo accolse più come un divo del cinema che uno scienziato visionario. Il bell’aspetto, la parlata spigliata, l’empatia fecero breccia tra la gente. La superficie surclassava la profondità. Poi il sipario è calato. Non è morto povero come tanti geni incompresi, ma i giovani di oggi faticano a riconoscere il suo nome. Di un ragazzo come loro che credeva nei sogni. E li realizzava. Per il bene di tutti.