Corriere della Sera

MAROCCHINI IN ESILIO MAI DIVENTATI EUROPEI

- Luca Testera Pardi

Caro Aldo,

l’esplosione di violenza a Bruxelles dopo Belgio Marocco ha una chiave di lettura che una semplice partita di calcio ha messo a nudo in tutta la sua drammatici­tà. Le immagini viste testimonia­no un totale fallimento di un vero «inseriment­o» degli immigrati nel Paese ospitante e il concetto di «vivre ensemble» tanto auspicato dalla classe politica rimane splendida teoria. Infatti, in un Paese come il Belgio dove vi sono circa 600.000 immigrati di origine marocchina su 12 milioni di abitanti, non vi è stata integrazio­ne con gli abitanti locali e la tendenza a mantenere in pieno usi e costumi propri ha evidenziat­o una coesione mai realizzata che alla prima occasione è sfociata in «conflitto». È evidente che i modelli di integrazio­ne degli immigrati vanno rivisti probabilme­nte in tutta la Ue.

Caro Luca,

La rivolta dei marocchini di Bruxelles ha colpito molti lettori. Alcuni chiedono: ma perché insorgere per una vittoria, anziché contro una sconfitta? Questo però è tipico della mentalità dei tifosi, e in genere dei clan, che sono più umani quando perdono che non quando vincono. Lo sperimenta­i nella finale di andata della Coppa Uefa del 1990: gli ultras della Fiorentina invasero i distinti dello stadio Comunale di Torino, costringen­do noi fessi che avevamo pagato il biglietto in un angolino. Quando prevaleva la Juve, gli ultras stavano tranquilli. Ma quando prevaleva la Fiorentina, gli ultras ringalluzz­iti lanciavano insulti e lattine. Segnò per prima la Juve, e si calmarono. Ma sul pareggio della Viola improvvisa­rono una carica, che ridusse ulteriorme­nte il nostro spazio vitale. Per fortuna i bianconeri fecero altri due gol, ammansendo i tifosi avversari.

Ovviamente i fatti ben più seri di Bruxelles riguardano fino a un certo punto lo sport. La vittoria del Marocco sul Belgio ai Mondiali è la scintilla che ha acceso la miccia. Che la loro nazione d’origine abbia battuto la nazione d’adozione è stato per i giovani marocchini motivo di orgoglio e di riscatto, che ha preso forme tanto più violente quanto più era forte la rabbia a lungo repressa. Questo ovviamente non giustifica, ma aiuta a capire.

Dietro la logica dell’accoglienz­a si nasconde una gigantesca ipocrisia. Dei migranti abbiamo bisogno, certo; perché non facciamo più figli, e non abbiamo più voglia di fare lavori duri, spesso umili. Così importiamo giovani che vengono sovente trattati come schiavi, o comunque come figli di un dio minore: un meccanismo perfettame­nte descritto da Luca Ricolfi nel suo saggio La società signorile di massa. E mentre gli immigrati di prima generazion­e sono pronti a ogni sacrificio, i loro figli si ribellano a un destino che pare già segnato. Per uno che riesce a infrangere lo schema, ce ne sono nove che lo confermano. E non possiamo pretendere che ne siano contenti. Quei ragazzi ribelli di Bruxelles, all’evidenza, non sono diventati europei; sono marocchini in esilio.

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