Priolo-Lukoil, la nazionalizzazione è più vicina
Un decreto di nazionalizzazione che non si può configurare come un esproprio perché la società non è più bancabile — cioè non riceve più credito dagli istituti bancari — a causa del fatto che non può più importare greggio da Mosca da lunedì 5 dicembre a causa dell’embargo deciso dall’Europa. Tecnicamente però non si può neanche attendere il fallimento — che comunque arriverebbe alla fine dell’anno — attivando la procedura concorsuale della legge Marzano per le grandi aziende che finiscono in amministrazione straordinaria. Serve una soluzione ibrida, più immediata, sulla falsariga di quello che ha fatto la Germania con Sefe, ex filiale tedesca di Gazprom, nazionalizzata anche grazie al contributo della Commissione Ue perché è una questione di «interesse nazionale». La raffineria di Priolo fallendo manderebbe all’aria il 20% della capacità di raffinazione del Paese con pesanti ricadute anche sulla distribuzione di benzina e diesel. Per questo il governo attenderà al massimo un paio di settimane per procedere ad incorporare la Isab, che controlla il petrolchimico di Priolo. Si tratta di un’azienda italiana, il cui socio unico è la Litasco SA, società svizzera parte del gruppo russo Lukoil, il cui controllo finirebbe al 100% nelle mani del governo che così tutelerebbe anche i posti di lavoro diretti e l’indotto prima di cercare in un secondo momento un partner estero in grado di subentrare, di passaporto gradito in questa nuova «globalizzazione tra Paesi amici». La
Isab quest’anno si sta riprendendo dalle perdite subìte durante i due anni di pandemia. Nel primo semestre 2022 il fatturato è stato di 5.672 milioni per cui quest’anno si accinge a chiudere un bilancio record. I costi sono però in aumento: tra fissi e variabili salgono da 556 milioni di euro nell’intero 2019 a 343 milioni solo per i primi sei mesi di quest’anno. Nel frattempo in settimana è previsto un altro incontro degli istituti (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm e Mps) con Sace. Le banche, oltre alla garanzia sui finanziamenti, chiedono anche la manleva su eventuali sanzioni americane e il coinvolgimento di Cdp in un’operazione di sistema.