«Il lavoro? Competenze e capacità di essere umili»
Cairo all’incontro Kpmg. Verona: siamo di fronte a una rivoluzione industriale
Contro il senso di smarrimento generato dalla complessità delle crisi contemporanee, «serve la propensione al rischio delle aziende e l’umiltà da parte dei giovani nell’affrontare le difficoltà». È il presidente e amministratore delegato di Rcs MediaGroup, Urbano Cairo, a tirare le somme dell’evento “The Frame. Il Futuro del lavoro. Il Futuro delle aziende” tenutosi ieri al Superstudio più di Milano e organizzato da Kpmg e dal Corriere della Sera per aprire una finestra sul mondo del lavoro. «La capacità di cogliere le opportunità, può permettere di vincere la concorrenza» afferma Cairo durante l’intervento. Soprattutto in momenti delicati come l’attuale crisi, che secondo il presidente dello Human Technopole, Gianmario Verona, costituisce una rivoluzione industriale senza eguali. «Dobbiamo superare l’impostazione novecentesca basata sul fordismo», suggerisce Verona che vede il manager moderno prima di tutto come «un innovatore capace di valorizzare le competenze del team». E proprio innovazione e formazione rappresentano fattori chiave per le aziende che vogliono contrastare great resignation e quiet quitting, le due tendenze che (secondo i dati Ipsos-Kpmg) preoccupano di più i ceo. «Le imalle prese stanno sul mercato solo se attraggono e trattengono i talenti», spiega Mario Corti, senior partner Kpmg, prima di evidenziare che l’81% dei manager riscontra difficoltà nella ricerca dei migliori profili. Secondo Corrado Passera, amministratore delegato di Illimity, il fattore che più deve allarmare, tra i numeri della ricerca analizzati nel corso dell’evento, è quello che vede solo il 9% dei manager che si dichiara pronto ad affrontare i cambiamenti del mondo del lavoro. «La società è in momento di assoluta incertezza commenta Passera -. Il cambio di paradigma deve partire da vertici aziendali capaci di trainare tutta l’azienda». Chi pone l’accento sul tema dell’inclusione è Monica Poggio, amministratrice delegata di Bayer Italia. «Un ambiente di lavoro sano è bilanciato innanzitutto per quanto riguarda il genere» sottolinea Poggio secondo cui, con le attuali difficoltà, «non ci possiamo permettere di escludere dal lavoro fasce di popolazione». Anche per Alberto Calcagno, amministratore delegato di Fastweb, occorre partire dall’includere le persone per gestire il cambiamento. «Il digitale è soltanto un linguaggio, sono gli esseri umani che dovranno dominarlo nei prossimi 50 anni». Perché questo accada occorre fornirgli tre input: «Fiducia, consapevolezza e formazione», aggiunge Calcagno. Al contrario, per Francesca Gino, professoressa di Harvard, la conformità regole del passato costituisce un freno al cambiamento. «Negli studi che ho condotto, la maggior parte degli intervistati sentiva pressioni in questo senso», racconta Gino prima di suggerire alle aziende di accogliere il 100% dei talenti ribelli e stimolare le loro competenze più importanti: agilità, curiosità e creatività. Del resto, «i talenti sono l’elemento costitutivo nella progettazione del futuro di un’impresa», afferma Maura Latini, amministratrice delegata Coop Italia che vede nella complessità delle crisi attuali un’opportunità unica per cambiare in meglio il mondo del lavoro. Anche Walter Ruffinoni, amministratore delegato di Ntt Data
I trend
«Great resignation» e «quiet quitting»: le due tendenze che preoccupano i ceo
Italia, è convinto che indietro non si torna. «Il Covid ha fatto esplodere il malessere associato al lavoro dettato da stanchezza e stress, e fatto nascere esigenze basate su passione e ottimismo», osserva Ruffinoni. Guardare al futuro va bene, ma senza mai dimenticare «la storia che sta alla base di ogni grande azienda», è il punto di vista di Ferruccio de Bortoli che sottolinea l’importanza di saper scovare i talenti, «altrimenti - conclude - si rischia di emarginare i giovani dalle società invece che renderli protagonisti del cambiamento».