Il governo riscrive il decreto sui rave Nordio: giusto rimediare
Norme solo per i raduni musicali. Restano le pene
Un mese fa protestarono in coro i sindacati e gli studenti, sembrava in pericolo perfino il diritto a riunirsi pacificamente e a manifestare nelle fabbriche e nelle scuole garantito dalla Costituzione. Tutti contro il cosiddetto «decreto anti rave» del 31 ottobre scorso, primo atto del governo Meloni dopo il party abusivo di Halloween, con quasi 2 mila giovani accorsi a Modena da tutta Europa.
Un mese dopo, il governo ci ha messo mano e ieri ha depositato un emendamento che ne riscrive il testo e cambia anche il numero dell’articolo del Codice penale: non più il 434 bis, ma il 633 bis. L’emendamento limita ora il reato a «chiunque organizza e promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici e privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento», quando «dall’invasione deriva un concreto pericolo» per la salute o l’incolumità pubblica «a causa dell’inosservanza delle norme su droga, sicurezza e igiene». Si specifica così il tipo di occupazione, escludendo quelle degli studenti o le altre manifestazioni pubbliche. E il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ne è certo: «Con quest’emendamento il governo perfeziona la norma. Una legge scritta bene è una legge di facile applicazione. Bisogna fare autocritica per gli ultimi provvedimenti, ma nessuno è perfetto e comunque si può sempre rimediare».
Sull’emendamento del governo ma anche su quelli presentati dai partiti (in tutto 90) si comincerà a votare da martedì 6 in commissione Giustizia al Senato, presieduta da Giulia Bongiorno (Lega). Da segnalare, tra gli altri, quello presentato da Pierantonio Zanettin (Forza Italia), che prevede l’impossibilità per il pm di fare ricorso in caso di sentenza di assoluzione, vecchio cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi. L’esame dell’Aula di Palazzo Madama inizierà invece il 12 dicembre. Solo dopo Natale, tra il 27 e 28 dicembre, il decreto legge approderà alla Camera.
Il nuovo testo emendato dal governo riformula anche la norma che già prevedeva la confisca obbligatoria delle apparecchiature utilizzate, estendendo ora il provvedimento ai profitti dei rave party, per fungere da ulteriore deterrente. Non cambia invece la pena, che va da 3 a 6 anni, più una multa da mille a 10 mila euro: perciò rimangono ancora possibili le intercettazioni, circoscritte però alle eventuali indagini su organizzatori e promotori. I semplici partecipanti saranno punibili solo in base all’articolo 633 del Codice penale (invasione di terreni o edifici). L’opposizione, però, annuncia battaglia in commissione Giustizia. «Come per il vecchio testo, presenterò un emendamento soppressivo anche per il nuovo — dichiara la senatrice Ilaria Cucchi (Alleanza Si-Verdi) — Perché la sostanza non cambia». Sulla stessa lunghezza d’onda, la vicepresidente del Senato e responsabile Giustizia del Pd, Anna Rossomando: «È un testo inutile, come ha dimostrato il caso Modena, risolto con le norme vigenti. Inaccettabili anche le pene, che rimangono sproporzionate».