«Caro zio, ci hai fatto viaggiare nel tempo. Grazie»
Ciao zio Giacomo, con te se ne va il nostro '900. Tra qualche mese avresti compiuto 105 anni, ennesimo traguardo di una vita incredibile: cominciata nel 1918, una data che si legge ormai solo nei libri di storia e non sulle Carte di Identità. Dalla fanciullezza vissuta nella casa di fronte al Pio Albergo Trivulzio, per tutti i milanesi «la bagina», e a giocare a pallone sulle sponde dell’Olona, che allora scorreva a cielo aperto, con una sola scarpa da calcio per giunta sinistra recuperata chissà dove, ad un’adolescenza di lavoro precoce, a dodici anni. Dal servizio militare iniziato nel 1939 con la speranza di compensare con la divisa la precoce calvizie che allora, fatta eccezione per un solo italiano, non era apprezzata dalle donne, alla guerra che ti aveva impedito di esordire nel campionato di calcio. Dalle battaglie nei Balcani alla scelta, l’8 settembre 1943, di non aderire alla Rsi con la conseguente deportazione in Germania, per iniziare una storia terribile che hai iniziato a raccontare solo negli ultimi anni e ti è valsa la medaglia d’onore del nostro Governo. E poi il ritorno a Milano, la passione per i quadri che tenevi negli armadi e appendevi a rotazione, e le tantissime domeniche allo stadio, con il tuo Milan. Portarti in giro era come viaggiare nel tempo, ascoltando racconti di fatti che per te erano vita e per noi storia: dagli attentati anarchici alla costruzione del Nazionale, dall’inaugurazione di San Siro al vanto di essere stato uno degli ultimi battezzati in Duomo. E infine questi ultimi anni trascorsi sulle rive del Garda, non più autosufficiente, ma abbastanza forte da vincere anche il Covid. Per la nostra famiglia eri tutto il '900, ora sarai una leggenda.