La Bce alza ancora i tassi al 3,5% Ma alcuni Paesi votano contro
Aumento dello 0,5%. Lagarde: nessun compromesso tra stabilità finanziaria e dei prezzi
Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha deciso di alzare di 50 punti base il costo del denaro, portandolo al 3,5%, confermando quanto già anticipato a dicembre e ripetuto nelle settimane passate, nonostante le tensioni sui mercati create dalle difficoltà di Credit Suisse. Le Borse hanno reagito positivamente chiudendo in deciso rialzo.
La presidente della Bce Christine Lagarde ha spiegato che «era una decisione che dovevamo assumere e che era giustificata» e ha aggiunto che «per il futuro saremo legati ai dati e potremo avere una valutazione migliore quando le tensioni di mercato saranno calate». Ma soprattutto ha spiegato che «non è possibile in questo momento determinare su quale sentiero andremo avanti».
Alla vigilia della decisione alcuni analisti avevano ipotizzato che le «colombe» all’interno del Consiglio direttivo avrebbero potuto avere la meglio sui «falchi», ottenendo di limitare l’aumento a 25 punti base. E in effetti la presidente in conferenza stampa ha ammesso che tre-quattro membri del Consiglio direttivo erano contrari ma non al principio alla base del rialzo dei tassi bensì alla tempistica, ritenendo preferibile attendere di vedere come evolve la situazione. Lagarde ha spiegato che le decisioni sono state prese in base alle proiezioni macroeconomiche degli esperti della Bce che sono state ultimate agli inizi di marzo, prima delle recenti tensioni emerse nei mercati finanziari. Secondo le stime «l’inflazione dovrebbe rimanere troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato». A febbraio nell’Eurozona era all’8,5%. Dunque la scelta di alzare i tassi è «in linea con la determinazione ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% a medio termine».
Per la presidente non c’è un compromesso da fare tra stabilità dei prezzi e stabilità finanziaria, anche perché per garantire quest’ultima la Bce ha strumenti appropriati da mettere in campo all’occorrenza. «Al momento non vediamo una possibile crisi di liquidità — ha aggiunto —. Ad ogni modo, abbiamo dimostrato creatività in passato nel caso dovesse esserci questo tipo di crisi. Siamo pronti ad intervenire, se necessario».
Le prossime mosse dipenderanno da come evolverà la situazione e per Lagarde «l’elevato livello di incertezza accresce l’importanza di un approccio fondato sui dati per le decisioni sui tassi di riferimento, che saranno determinate dalle nostre valutazioni sulle prospettive di inflazione alla luce dei nuovi dati economici e finanziari, dalla dinamica dell’inflazione di fondo e dall’intensità di trasmissione della politica monetaria».
La situazione del settore bancario è considerata solida da Lagarde, per la quale «il settore è molto molto più forte del 2008», e anche dal suo vice Luis de Guindos, secondo il quale «l’esposizione nei confronti di Credit Suisse è limitata
Gli istituti
De Guindos: istituti solidi, ma alcuni potrebbero essere vulnerabili ai tassi
e non c’è concentrazione»: «Le banche europee — ha detto l’ex ministro dell’Economia spagnolo rispondendo a una domanda — sono resilienti, hanno coefficienti patrimoniali elevati, robuste riserve di liquidità, esposizione limitata alle banche degli Stati Uniti e di conseguenza la valutazione complessiva è abbastanza chiara, ovvero che il settore bancario in Europa è resiliente». Tuttavia durante l’Ecofin di martedì scorso a Bruxelles, dopo il crac della Silicon Valley Bank ma prima delle turbolenze di Credit Suisse, de Guindos ha avvertito i ministri delle Finanze degli Stati membri — secondo quanto riferisce Bloomberg — che alcune banche dell’Unione europea potrebbero essere vulnerabili alle tensioni finanziarie dovute all’aumento dei tassi di interesse, che non si può escludere che alcuni istituti di credito potrebbero essere a rischio a causa dei loro modelli di business e ha invitato a non essere compiacenti perché una mancanza di fiducia potrebbe innescare il contagio.