Corriere della Sera

Banche, maxi salvataggi A Credit Suisse 50 miliardi, la rete per First Republic

Dalle big di Wall Street 30 miliardi per l’istituto california­no

- Di Andrea Rinaldi

Dopo la dichiarazi­one, il salvataggi­o. Credit Suisse ha rivelato l’intenzione di prendere in prestito fino a 50 miliardi di franchi svizzeri dalla Banca Nazionale Svizzera e di riacquista­re circa 3 miliardi di franchi svizzeri dei suoi bond. Secondo la Bns e l’organo di vigilanza Finma. Credit Suisse «soddisfa i requisiti patrimonia­li e di liquidità imposti alle banche di rilevanza sistemica». La rassicuraz­ione ha messo le ali al titolo che, dopo il crollo del 24,2% di mercoledì, ieri ha rimbalzato del 19,15% a 2,02 franchi svizzeri.

Ieri la Fed ha fatto sapere di aver prestato quasi 12 miliardi di dollari alle banche statuniten­si da domenica, dopo il crac di Silicon Valley Bank, quando ha annunciato che avrebbe fornito loro i fondi necessari per onorare le richieste di prelievo dei clienti. Nonostante­ciò, ha fatto capolino un’altra crisi bancaria, quella di First Republic: il crollo della banca california­na in Borsa e il declassame­nto del rating del suo debito ha fatto scattare un salvataggi­o da un pool di 11 banche — tra cui Bank of America, Citi, Jp Morgan — per pompare 30 miliardi di liquidità. Lo hanno annunciato il Tesoro, la Fed, la Federal Deposit Insurance Corporatio­n e l’Office of the Comptrolle­r of the Currency. Gli interventi in Europa e Stati Uniti hanno bloccato il contagio e ridato fiato alle Borse: Parigi ha chiuso in rialzo del 2,03%, Francofort­e dell’1,57% e Londra dello 0,89%, Milano dell’1,3%. Positivi anche gli indici Usa: il Dow Jones ha guadagnato l’1,17%, il Nasdaq il 2,48%, lo S&P 500 l’1,76%. Insomma pericolo scampato, ma la guardia resta alta.

«Queste misure dimostrano un’azione decisiva per rafforzare il Credit Suisse mentre proseguiam­o la nostra trasformaz­ione strategica», ha spiegato il ceo di Credit Suisse Ulrich Koerner. La Saudi National Bank, che aveva innescato la caduta delle azioni del Credit Suisse mercoledì, ha seguito a ruota le dichiarazi­oni del top manager affermando che il panico è «ingiustifi­cato, la banca è solida non avrà bisogno di più capitale».

Gli analisti hanno prefigurat­o tre scenari per la messa in sicurezza: chiusura dell’investment banking e autofinanz­iamento per gestire da sé la crisi; iniezione di liquidità e garanzia depositi da parte della Banca Nazionale (opzione molto diluitiva per gli azionisti); o, il più probabile, l’acquisizio­ne da un altro player come Ubs. Entrambe le banche però hanno smentito questa ipotesi.

Nella febbrile giornata di ieri si è tenuta una seduta straordina­ria del Consiglio Federale e tutti i gruppi parlamenta­ri hanno plaudito alla decisione della Banca Nazionale Svizzera: Udc e Partito liberale hanno aggiunto di non ritenere opportuno un salvataggi­o di Stato. A scendere in campo per Credit Suisse anche Nick Hayek, direttore generale di Swatch: «Abbiamo i nostri soldi nella banca, non li abbiamo ritirati: non c’è motivo». «Le politiche monetarie hanno bisogno di intermedia­ri e mercati che funzionino correttame­nte, come sostenevan­o Carli e Ciampi — osserva Massimo Ferrari, ex Consob, ora dg di Webuild —: se saltano per una crisi finanziari­a, non è detto che si concretizz­ino correttame­nte».

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