Banche, maxi salvataggi A Credit Suisse 50 miliardi, la rete per First Republic
Dalle big di Wall Street 30 miliardi per l’istituto californiano
Dopo la dichiarazione, il salvataggio. Credit Suisse ha rivelato l’intenzione di prendere in prestito fino a 50 miliardi di franchi svizzeri dalla Banca Nazionale Svizzera e di riacquistare circa 3 miliardi di franchi svizzeri dei suoi bond. Secondo la Bns e l’organo di vigilanza Finma. Credit Suisse «soddisfa i requisiti patrimoniali e di liquidità imposti alle banche di rilevanza sistemica». La rassicurazione ha messo le ali al titolo che, dopo il crollo del 24,2% di mercoledì, ieri ha rimbalzato del 19,15% a 2,02 franchi svizzeri.
Ieri la Fed ha fatto sapere di aver prestato quasi 12 miliardi di dollari alle banche statunitensi da domenica, dopo il crac di Silicon Valley Bank, quando ha annunciato che avrebbe fornito loro i fondi necessari per onorare le richieste di prelievo dei clienti. Nonostanteciò, ha fatto capolino un’altra crisi bancaria, quella di First Republic: il crollo della banca californiana in Borsa e il declassamento del rating del suo debito ha fatto scattare un salvataggio da un pool di 11 banche — tra cui Bank of America, Citi, Jp Morgan — per pompare 30 miliardi di liquidità. Lo hanno annunciato il Tesoro, la Fed, la Federal Deposit Insurance Corporation e l’Office of the Comptroller of the Currency. Gli interventi in Europa e Stati Uniti hanno bloccato il contagio e ridato fiato alle Borse: Parigi ha chiuso in rialzo del 2,03%, Francoforte dell’1,57% e Londra dello 0,89%, Milano dell’1,3%. Positivi anche gli indici Usa: il Dow Jones ha guadagnato l’1,17%, il Nasdaq il 2,48%, lo S&P 500 l’1,76%. Insomma pericolo scampato, ma la guardia resta alta.
«Queste misure dimostrano un’azione decisiva per rafforzare il Credit Suisse mentre proseguiamo la nostra trasformazione strategica», ha spiegato il ceo di Credit Suisse Ulrich Koerner. La Saudi National Bank, che aveva innescato la caduta delle azioni del Credit Suisse mercoledì, ha seguito a ruota le dichiarazioni del top manager affermando che il panico è «ingiustificato, la banca è solida non avrà bisogno di più capitale».
Gli analisti hanno prefigurato tre scenari per la messa in sicurezza: chiusura dell’investment banking e autofinanziamento per gestire da sé la crisi; iniezione di liquidità e garanzia depositi da parte della Banca Nazionale (opzione molto diluitiva per gli azionisti); o, il più probabile, l’acquisizione da un altro player come Ubs. Entrambe le banche però hanno smentito questa ipotesi.
Nella febbrile giornata di ieri si è tenuta una seduta straordinaria del Consiglio Federale e tutti i gruppi parlamentari hanno plaudito alla decisione della Banca Nazionale Svizzera: Udc e Partito liberale hanno aggiunto di non ritenere opportuno un salvataggio di Stato. A scendere in campo per Credit Suisse anche Nick Hayek, direttore generale di Swatch: «Abbiamo i nostri soldi nella banca, non li abbiamo ritirati: non c’è motivo». «Le politiche monetarie hanno bisogno di intermediari e mercati che funzionino correttamente, come sostenevano Carli e Ciampi — osserva Massimo Ferrari, ex Consob, ora dg di Webuild —: se saltano per una crisi finanziaria, non è detto che si concretizzino correttamente».