Corriere della Sera

Gli avvocati: nessuna fatalità Quella tragedia si poteva evitare

- Giusi Fasano

«Questa difesa non ritiene debba accogliers­i il richiamo alla ragion di Stato», né «confinare la tragedia nell’oblio delle fatalità». Gli avvocati che rappresent­ano alcuni dei superstiti e i familiari del naufragio di Cutro, ieri hanno depositato una memoria in procura, a Crotone, fissando in 34 pagine «i fatti oggettivi che meritano approfondi­menti nel procedimen­to penale in corso». È una ricostruzi­one cronologic­a della notte finita in strage, fra il 25 e il 26 febbraio, ed è anche una ricostruzi­one legislativ­a per mettere in luce chi, quando e come, negli anni, ha deciso la linea di intervento sulla questione dei migranti in mezzo al mare. «A causa di un maledetto corto circuito è accaduto ciò che si sarebbe potuto evitare» scrivono nella memoria Luigi Li Gotti, Francesco Verri, Mitja Gialuz e Vincenzo Cardone, che difendono gratis le famiglie di chi ha perso la vita in quell’alba tragica, davanti alla foce del fiume Tacina. Gli avvocati chiedono al procurator­e Giuseppe Capoccia un lungo elenco di accertamen­ti sulla catena degli interventi fra Frontex, Guardia costiera e Guardia di finanza. Ricordano le raccomanda­zioni della commissari­a per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, datate 2019. Quelle raccomanda­zioni — secondo i legali «totalmente ignorate nel caso della barca naufragata a Cutro» — dicono che «le imbarcazio­ni che trasportan­o rifugiati, richiedent­i asilo e migranti dovrebbero essere considerat­e in pericolo dal momento stesso in cui cominciano il loro viaggio» poiché «sono invariabil­mente sovraffoll­ate, inadatte a lunghi viaggi, soprattutt­o in caso di mare mosso, e non hanno generalmen­te equipaggio competente e attrezzatu­re per la navigazion­e». Quindi, scriveva quattro anni fa la commissari­a per i diritti umani, «risulta chiara la necessità di una maggiore capacità di soccorso per affrontare simili sfide». Nella memoria i legali fanno una consideraz­ione anche sul fatto che la barca naufragata a Cutro fosse solo «sospettata» di trasportar­e migranti (il velivolo Frontex, ricordiamo­lo, vede una sola persona sul ponte e segnala che i suoi sensori termici registrano calore vicino al boccaporto, quindi probabile «presenza significat­iva» di persone sotto). Dicono ora gli avvocati: «È noto che nell’ultimo decennio le coste della provincia di Crotone siano state teatro di innumerevo­li sbarchi di immigrati, mentre non si conoscono casi, se non eccezioni, di contrabban­do, traffico di droga o armi via mare. Dunque, in base a tale esperienza, può considerar­si notorio che un barcone che d’inverno naviga con una presenza “significat­iva” di persone sottocoper­ta, in condizioni meteomarin­e proibitive, verso la costa crotonese e senza segnalare la sua presenza, sta trasportan­do profughi».

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