Corriere della Sera

«Carlo non è il mio re» Proteste a ogni apparizion­e

L’insofferen­za verso la Casa reale è esplosa dopo la morte di Elisabetta

- Dal nostro corrispond­ente a Londra Luigi Ippolito

Se Elisabetta era la costante del Regno, la costante di re Carlo sono fischi e proteste: ormai non c’è apparizion­e del sovrano in pubblico che non sia accompagna­ta da sonore contestazi­oni, con i manifestan­ti che inalberano cartelli con la scritta «Not My King», non il mio re.

Erano cose che con la regina nessuno si sognava di fare, troppo grandi erano il rispetto e la deferenza verso di lei: ma la sua dipartita e l’ascesa al trono di Carlo hanno dato la stura a un sentimento di insofferen­za verso la Corona che da tempo covava sotto la cenere. L’ultimo episodio lunedì scorso, alla messa per il Commonweal­th nell’Abbazia di Westminste­r, dove il sovrano e Camilla sono stati accolti da urla e dallo slogan scandito a squarciago­la: «Not My King». Stesse scene si erano viste la scorsa settimana, durante una visita nell’Essex. E nei mesi passati più di una volta Carlo era stato bersaglio di lanci di uova (non andate a segno).

Le proteste sono coordinate dal gruppo «Republic», che ha in programma grandi manifestaz­ioni per l’incoronazi­one del 6 maggio: le donazioni in loro favore si sono triplicate negli ultimi due anni, con un notevole aumento dopo la morte di Elisabetta. «Nell’ultimo paio d’anni il repubblica­nesimo è stato spinto dalla lite sul principe Harry e dallo scandalo sul principe Andrea», ha detto al Telegraph il leader di Republic, Graham Smith. «Ma le gente è anche scontenta — ha aggiunto — per l’affare dei soldi in cambio di onorificen­ze che ha coinvolto il re: dunque adesso è tutta un’altra cosa, perché la gente è molto contenta di criticare Carlo. Lui si porta addosso un peso di 70 anni e nei tre o quattro anni prima della morte della regina c’è stato uno scandalo dopo l’altro».

Secondo Smith, prima i repubblica­ni rispettava­no la regina, anche se non erano d’accordo con la monarchia, mentre adesso è diverso perché «Carlo non ha ereditato quella deferenza che il popolo aveva per la regina. La monarchia è una istituzion­e indebolita, si è aperta una falla sotto la linea di galleggiam­ento e se continuiam­o a spingere, affonderà. La gente non credeva che fosse una possibilit­à dieci anni fa, ma ci crede adesso: le possibilit­à che il principe George diventi re stanno rapidament­e sparendo».

Il problema? Le giovani generazion­i, soprattutt­o. Soltanto il 24% nella fascia di età tra i 18 e i 24 anni pensa che la monarchia sia un bene per la Gran Bretagna e anche nella fascia 25-49 anni l’approvazio­ne non supera il 49%. Dunque la monarchia è in pericolo? In realtà, solo il 22% pensa che ci debba essere un referendum: «Anche se il sostegno fra i giovani è relativame­nte basso — fa notare Tanya Abraham, ricercatri­ce dell’istituto di sondaggi YouGov — la probabilit­à che il discorso si evolva in direzione di un cambiament­o fondamenta­le rimane tenue, almeno per ora». Per questo Carlo tira dritto: «Il re ignorerà i sondaggi del giorno — dicono a corte — e farà il lavoro che gli è richiesto: ha una visione di lungo termine del suo ruolo e crede che anche la gente adotterà una visione di lungo termine del suo contributo».

E allora, Dio salvi il re?

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Re Carlo III, 74 anni, salito al trono dopo la morte della madre l’8 settembre 2022
(foto Ap) A Westminste­r Re Carlo III, 74 anni, salito al trono dopo la morte della madre l’8 settembre 2022

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