«Intasco fino a 1.000 euro in una giornata di furti Io so soltanto rubare, ma ho pure sensi di colpa»
La borseggiatrice a Milano: «Il carcere? Non rischio nulla»
Le rubo dieci minuti, signora, promesso. Ma si può mai «rubare» qualcosa in casa dei ladri — la metropolitana s’intende — foss’anche il tempo per un’intervista? Che poi sarebbe la confessione di una borseggiatrice. E che strano averne una qui davanti, ora, nel mezzanino della Stazione Centrale. Ana (nome di fantasia), 29 anni e 9 figli.
I figli vivono con lei?
«No, tutti in Bosnia, dove sono nata. L’ultimo parto è stato a dicembre. Se ne occupa mio marito, che non lavora. Mantengo io la famiglia: mando i soldi a casa e non sono pochi. È capitato che in un giorno mettessi in tasca 1.000 euro, un’eccezione, perché anche 500 sono una fortuna ora che la gente gira con poco contante. Io però ho pazienza. Sette giorni su sette, dalla mattina alla sera».
Quando stacca dal «turno» dove va?
«A casa, zona Niguarda, nell’appartamento comprato dai miei genitori. Lo condivido con amiche e parenti: le mie colleghe di scippi. Io però preferisco muovermi da sola o al massimo in coppia, tra Duomo e Centrale, per non dare nell’occhio. Guardi che affollamento, quante persone: ne studio i volti, le movenze, infine battezzo la vittima».
Come colpisce in metropolitana?
«Mi apposto nei pressi dei distributori automatici di biglietti, così posso vedere dove il passeggero ripone il portafoglio. Quando decido di entrare in azione, seguendo il soggetto a mio giudizio più vulnerabile, spesso donne, mi sfilo il giubbotto e me lo porto al braccio, nascondendo la mano con cui frugherò nella sua borsa. Se pesco uno smartphone va bene uguale».
Ha ereditato l’arte del furto dai genitori?
«Anche. Loro adesso vivono in Spagna, in una seconda casa di proprietà. Una delle mie sorelle s’è ribellata a questa vita, fuggendo, e so che è diventata parrucchiera. Non abbiamo più rapporti e si vergogna del suo cognome. È stata nostra zia a iniziarci».
Quando?
«A 13 anni, ci insegnava il mestiere nella metropolitana di Roma. Tuttora mi divido tra Milano e la Capitale, dove abbiamo un altro tetto. Mi sposto in treno, non ho la patente né una vita sociale: mio marito è molto geloso. Mi concedo giusto qualche cena al ristorante».
Non può seguire l’esempio di sua sorella?
«Troppo tardi, ma se potessi tornare indietro scapperei anch’io. Adesso dove vado, con 9 figli, io che non so fare niente e che sono semianalfabeta? L’unica cosa che mi riesce bene è rubare. A volte ho i sensi di colpa».
Dopo quanto si va in pensione?
«Credo mai. Mia zia, over 50, è ancora in pista. E so di una veterana attiva che ha 78 anni».
” In metropolitana Seguo il mio bersaglio, spesso donne. Mi porto il giubbotto al braccio, poi frugo nella borsa
È a conoscenza dei video sui social che documentano i vostri blitz?
«Certo e mi dà fastidio. Ma non reagisco quando qualcuno mi riprende. Altre borseggiatrici sono più aggressive. Rubare a Milano è diventato più difficile. I passeggeri ci riconoscono».
Altri ostacoli?
«La concorrenza. Ci sono ladre itineranti che nel weekend raggiungono Milano in camper».
Ora non è più incinta. Teme il carcere?
«Con un bimbo appena nato? Non corro nessun rischio. Non mi portano più nemmeno in caserma. Prima ci finivo anche più volte al giorno: sempre rilasciata perché incinta o in quanto madre di neonati».