Addio a Bice Biagi, sulle orme del padre
La giornalista, figlia di Enzo, aveva 75 anni. Fu direttrice di «Insieme» e «Intimità»
«Non avevo il sacro fuoco della giornalista. Ero laureata in Lettere, davo lezioni di latino. Un giorno papà mi disse: “La Rizzoli ha comprato Il Mondo. Quasi quasi chiedo che ti prendano, senza pagarti”». Raccontava così i suoi esordi, Bice Biagi, figlia dai molti talenti ma dalla scarsa vocazione, con l’ironia che era griffe di famiglia. Rideva anche del suo cognome ingombrante con quell’humour che dalla declinazione ruvida nel padre in lei si faceva morbido ed egoriferito. Ma «sgobbando sgobbando», Bice si è messa sulle orme di papà Enzo, giornalista alfa del Novecento, da cui diceva di aver imparato che «il lavoro rende davvero libera una donna».
Primogenita di tre figlie, (dopo di lei Carla e Anna scomparsa prematuramente nel 2003), l’unica a essersi avventurata nel giornalismo fino a diventare anche lei testimone del suo tempo, della sua generazione, quella dei Baby boomer. Dalle lotte studentesche a quelle per i diritti delle donne, sempre vicino al padre nelle battaglie per la libertà di stampa: dopo l’«editto bulgaro» di Berlusconi, con Enzo Biagi ha fondato l’associazione Articolo 21 che difende i diritti e la libertà di espressione e alla quale alla fine lei contribuiva nel ruolo di garante. Bice, mancata ieri per infarto, a 75 anni (il 5 maggio sarebbe stato il suo compleanno), dopo la prima assunzione nel 1973 a Il Mondo, ha lavorato a Oggi, Insieme e al Giornale diretto da Montanelli. Poi è diventata assistente di Giorgio Fattori, allora amministratore delegato del gruppo Rcs-Corriere della Sera negli anni post P2 ed è stata direttrice di Insieme, Intimità, Novella 2000 e vicedirettrice di Oggi. «Sgobbavo tanto per far dimenticare che ero la “figlia di”. Mi è sempre mancata l’ambizione. Da doverista, come papà, volevo solo fare la mia parte». E come ricordava con un sorriso ironico, mentre con Enzo preso dai suoi impegni aveva visto soltanto un film, Moby Dick, lei è sempre stata molto vicina alla figlia Lucia e dal 2015 ha detto basta al giornalismo per fare la nonna.
Ma come il padre, tornava sempre a Pianaccio, il luogo del cuore per il giornalista bolognese e per tutta la famiglia. Ogni estate si riuniva lì, nel paese di 38 anime, affogato nei boschi dell’Appennino emiliano. Anche lei con routine ritornante si rigenerava tra famiglia e amici, chiacchiere e locande del paese. E vigilava sulla vecchia casa che ora è sede del Centro documentale dedicato a Enzo Biagi.