STRANE E DUBBIE CONTORSIONI ITALIANE SUL MES
C’è un club di 20 Paesi i quali tutti, tranne uno, hanno ratificato la riforma del fondo «salvastati», meglio conosciuto come Mes. L’Italia ha ritenuto ancora di non ratificare la misura. All’inizio si era detto che il governo aspettasse il via libera della Germania. Poi questo è arrivato. Ma ancora mercoledì da Palazzo Chigi è giunto lo stop. Uno stop che non significa che il fondo si estingua. È la sua riforma che non verrebbe attuata. Riforma che è costata anni di discussioni ai quali hanno partecipato attivamente gli uffici italiani. Si può anche pensare che tutto quello che è stato fatto fino a ieri nel nostro Paese sia sbagliato. E che ogni dossier vada ripreso dall’inizio. Ma sarebbe una ben strana idea del ritorno della politica se questo significasse buttare a mare ogni decisione pregressa. Anche perché quello che appare poco comprensibile è il bloccare l’intesa nonostante non ci sia nessun obbligo a utilizzare il fondo e le sue linee di credito se non lo si richiede. Il risultato è che il «veto» italiano blocca un provvedimento che gli altri 19 Paesi dell’eurozona hanno chi più chi meno voluto. Se davvero si vuole fare in modo che il Mes funzioni meglio, che abbia funzioni diverse, la cosa migliore sarebbe presentare una proposta alternativa. Si potrebbe ratificare l’attuale riforma, pur avendo manifestato delle perplessità, dimostrando così attaccamento al club. E al tempo stesso impegnarsi affinché anche gli altri 19 Paesi si convincano della necessità e della bontà delle proprie idee. Il dubbio è che questa idea del no al Mes sia uno dei tanti residui della campagna elettorale. E che si tema la sua non approvazione per le divisioni all’interno della maggioranza. Ma se così fosse ci si dovrebbe ricordare delle innumerevoli volte che in queste settimane si è richiesto a gran voce e spesso in maniera ultimativa l’intervento dell’Europa. Di quell’Unione dove, come in ogni club, è la reputazione a conferire peso e influenza alle proprie posizioni.