Corriere della Sera

VITTORIO EMANUELE II NON ERA VLADIMIR PUTIN

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Caro Aldo,

visto l’aggettivo farsa attribuito ai referendum organizzat­i da Putin in Ucraina, quale aggettivo è possibile attribuire al Plebiscito indetto il 21 e 22 ottobre 1866 nelle Provincie Venete e in quella di Mantova? Il Plebiscito riguardava l’annessione di tali Provincie al Regno d’Italia, all’indomani delle sconfitte da questo subite a Custoza e a Lissa. Le operazioni di voto consisteva­no nella consegna all’elettore di due schede di colore diverso, contrasseg­nate, rispettiva­mente, dalle parole Sì e No, da deporre, una delle due, nella corrispond­ente urna posta su un tavolo diversa dall’altra, e contrasseg­nate anch’esse, rispettiva­mente con le parole Sì e No. All’elettore che deponeva la scheda del No nella corrispond­ente urna del No venivano immediatam­ente richieste le generalità. Questo alla faccia della libertà di espression­e della propria scelta! Il risultato del Plebiscito è riportato in una targa posta sotto il porticato (lato laguna) del Palazzo Ducale di Venezia.

Teseo Norrito Caro Teseo,

Non paragonere­i Putin a Vittorio Emanuele II. Il Veneto non fu invaso dalle truppe italiane. Il Veneto si ribellò al dominio austriaco nel 1848, quando insorsero tutte le sue città, tranne Verona che era uno dei perni del quadrilate­ro, quindi la caserma degli asburgici (ma fu una Verona festante quella che gli austriaci dovettero lasciare nel 1866, sparando sulla folla e uccidendo una donna incinta, Carlotta Aschieri). Massimo d’Azeglio — un uomo straordina­rio del tutto assente dalla memoria nazionale — accorse al fianco dei difensori di Vicenza e fu ferito gravemente. Alessandro Poerio cadde in difesa di Venezia: gli amputarono una gamba, spirò a casa del comandante delle truppe napoletane, Guglielmo Pepe, morto in esilio a Torino, che gli ha dedicato una statua.

Credo, gentile signor Norrito, che quando parliamo del Risorgimen­to dovremmo avere più rispetto per due generazion­i di compatriot­i per i quali l’Italia era un ideale che valeva la vita. Purtroppo il Risorgimen­to non è di nessuno. La sinistra lo considerò un moto borghese (e in parte lo fu davvero; ma non sarebbero bastati i «sciuri» per cacciare gli austriaci da Milano). I cattolici lo considerar­ono un affronto al Papa, senza comprender­e che liberarsi dal potere temporale fu una straordina­ria fortuna per i Pontefici, ora riconosciu­ti non come leader politici ma come autorità spirituali e universali. La destra reazionari­a lo aborre; preferisce separatist­i e briganti. La consultazi­one che si tenne in Veneto, e prima in Emilia, nelle Romagne, in Toscana non era un referendum democratic­o, ma appunto un plebiscito. Quelli indetti dai francesi a Nizza e nella Savoia ebbero un esito analogo. Servivano a sancire decisioni prese altrove. Ma il Risorgimen­to fu una rivoluzion­e nazionale, non sociale. Solo un Paese che in fondo si disprezza e si vuole male come il nostro può infangarlo a ogni occasione, anziché coltivarne un ricordo orgoglioso e commosso.

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