«Vanno cambiate le leggi Le pene sono troppo blande No al divieto di trasferta»
Il procuratore Amato: «A Napoli gestione corretta»
«Succede sempre così: quando c’è il fatto eclatante se ne parla e ognuno dice la sua. Poi passa il tempo e non se ne parla più e tantomeno si prendono provvedimenti. E così non si risolve mai niente».
Sergio Amato, procuratore aggiunto a Napoli, è uno dei maggiori esperti delle dinamiche criminali non soltanto camorristiche. Da tifoso azzurro è anche un frequentatore del Maradona e il mondo delle curve ha quindi avuto modo di vederlo spesso all’opera, seppure da un diverso settore.
Ritiene che mercoledì sia stato fatto tutto il necessario per contenere i gruppi di violenti?
«Da magistrato non sono un gestore dell’ordine pubblico e tantomeno un giudice. Ma penso che le forze di polizia abbiano affrontato e governato la situazione nell’unico modo possibile».
Una maggiore collaborazione da parte delle autorità tedesche avrebbe aiutato il lavoro di prevenzione?
«Non so quale e quanta comunicazione ci sia stata, ma è chiaro che in questi casi la collaborazione internazionale sia fondamentale».
Il presidente del Napoli De Laurentiis dice che quei gruppi di tedeschi non sarebbero proprio dovuti arrivare in città e anche il sindaco Manfredi spera che in futuro si trovi un modo per evitare che sbarchi gente così. Lei si unisce al coro?
«Io non sono favorevole al divieto di trasferta perché è un provvedimento che non punisce soltanto i violenti ma anche le persone per bene. Mi rendo conto che ora sarebbe la soluzione più semplice e forse, stando così le cose, anche indispensabile. Ma non è quella giusta. Non si può penalizzare la collettività per l’incapacità di trovare rimedi adeguati».
Cosa si dovrebbe fare?
«Partiamo da un presupposto: questa gente si muove solo per esercitare violenza, perché la violenza è l’unico fine di questi gruppi. La partita è un’occasione. Quindi è nella logica del contrasto alla violenza che bisogna muoversi».
Qualcosa nel corso degli anni è stato fatto.
«Da decenni assistiamo a tanti piccoli interventi normativi in questa o quella direzione, che alla fine, però, non hanno risolto nulla».
Veramente sembra che le cose vadano anche peggio.
«In generale viviamo una fase in cui c’è una evidente forma di degenerazione dei reati a base di violenza. E questo non lo vediamo soltanto nell’ambito ultrà ma dappertutto, basta dare un’occhiata a quello che succede per le strade in certi fine settimana».
Tra mercoledì e ieri ci sono stati degli arresti, e altri ce ne saranno. Che cosa rischiano queste persone?
«Ecco, questo è un punto centrale. Rispetto al codice, i reati di piazza sono poca cosa. A meno che non ci sia una tragedia, come purtroppo in passato è avvenuto, si subiscono incriminazioni blande, e quindi si rischia davvero poco».
A meno che non ci siano tragedie si subiscono incriminazioni lievi, l’arresto non è un deterrente
Quando parla di interventi normativi, quindi, intende inasprimento delle pene?
«Io dico che la consapevolezza della pena sarebbe già di per sé un deterrente. E invece oggi rispetto alla pena l’unica consapevolezza è la sua scarsa effettività. Insomma, oggi il rischio di essere arrestati non rappresenta per questa gente una grande preoccupazione».