Infantino, miliardi e buoni sentimenti
Gianni Infantino è stato rieletto per acclamazione (211 voti su 211, era l’unico candidato) presidente della Fifa a Kigali, in Ruanda. Governerà la Federazione mondiale fino al 2027 (almeno). Ha annunciato di aver portato ricavi per 7,5 miliardi di dollari e promesso per il prossimo Mondiale (a 48 squadre, tra Stati Uniti, Canada e Messico) di alzare il fatturato a quota 11. Insomma, un trionfo davanti al quale nessun delegato se l’è sentita di dire beh. Poi, però, e non è la prima volta, si è un attimo lasciato andare. Dev’essere la poltrona di numero 1 del calcio mondiale a spingere alla megalomania. Sepp Blatter, ai suoi tempi, decise di scrivere i «comandamenti» dell’organizzazione e, casualmente, ne scrisse dieci. Infantino, avvocato svizzero di 52 anni che prese il posto dell’ex colonnello (anche lui svizzero) travolto dagli scandali, ha un approccio più francescano e già nel discorso di apertura del Mondiale in Qatar si descrisse come un benefattore del mondo, una via di mezzo tra Mandela e Gandhi, e anche ieri ha ribadito d’avere un cuore d’oro. Infantino non ha dimenticato che la scelta del Qatar ha portato un bel po’ di critiche a lui e alla Fifa, ma ha deciso di perdonare. «La mia vittoria è dedicata a tutti coloro che mi amano, e so che sono molti, e anche a tutti voi che mi odiate, perché so che ce ne sono alcuni: io vi amo tutti. Essere presidente della Fifa è una responsabilità incredibile e io continuerò a servire questa federazione». Inventando tornei e gonfiando quelli che non ha fatto in tempo a inventare. Aumentando i ricavi senza smettere di amare amici e nemici perché anche Infantino, evidentemente, ha un sogno: il Nobel per la pace.