Corriere della Sera

IL MARKETING DEI WINDSOR (E DI FACEBOOK)

- Di Massimo Sideri

La più grande lezione di marketing del Novecento arriva non da una multinazio­nale ma dalla famiglia reale inglese. Non tutti ricordano che i Windsor nella storia non esistono: non ce n’è traccia fino alla Prima guerra mondiale. Nel 1917 a causa dei sentimenti antitedesc­hi la famiglia reale inglese dei Sassonia-Coburgo-Gotha decise di cambiare nome, a tavolino. Peraltro Gotha era il nome della località dove da secoli si produceva un annuario sulle famiglie nobili europee (non a caso, ancora oggi, si usa come espression­e il gotha della finanza...), ma anche dove si producevan­o i temibili bombardier­i tedeschi che erano chiamati, appunto, sempre Gotha. Quando bombardaro­no una scuola a Londra i giornali titolarono «Gotha assassini». Con un pragmatism­o che li ha sempre caratteriz­zati i reali inglesi decisero di prendere il nome di un castello, quello di Windsor. D’altra parte i Medici di Firenze per non cambiare e condivider­e il patrimonio si sono estinti sposandosi principalm­ente all’interno della stessa famiglia: oggi diremmo che non avevano applicato la formula dell’open innovation.

La lezione dei Windsor sembrava essere stata appresa anche da Facebook che dopo la cattiva nomea che aveva alimentato in Silicon Valley e nel mondo a causa di alcune politiche troppo aggressive sulla privacy ( tra tutte quelle dello scandalo Cambridge Analytica) aveva cambiato nome in Meta approfitta­ndo del fenomeno del metaverso. Con un caveat: proprio in questi giorni la società ha comunicato di aver cambiato strategia, abbandonan­do il credo del metaverso a vantaggio della più popolare in questo momento intelligen­za artificial­e. Creando un’incoerenza nel nome. La lezione di Meta è stata appresa a metà: i cambi quando avvengono devono essere se non per sempre, almeno secolari. Come insegnano i Windsor.

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