LE POLEMICHE STRUMENTALI CHE MIRANO A ISOLARE ROMA
L’irritazione del governo di destra nei confronti degli attacchi provenienti dalla Francia è più che giustificata. L’arroganza con la quale esponenti del partito e del governo di Emmanuel Macron hanno criticato la strategia di Giorgia Meloni in materia di immigrazione colpisce; ma non deve sorprendere. E pensare che da Parigi arriveranno le scuse richieste rischia di rivelarsi un’illusione. Prima il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, ieri il capo del partito macroniano Renaissence, Stéphane Séjourné, lasciano indovinare una strategia, non incidenti fortuiti o gaffe. Gli attacchi all’Italia prescindono dal merito.
Per quanti limiti e inadeguatezze anche l’attuale esecutivo dimostri di avere nella gestione del fenomeno, il tema riguarda non la nostra politica ma quella di Macron. Riflette il timore e l’esigenza della sua coalizione di arginare l’ascesa dell’estrema destra di Marine Le Pen, favorita da un malessere sociale crescente: un’impostazione condizionata dalla prospettiva delle elezioni europee del prossimo anno. Lo stesso attacco arrivato ieri dalla vicepremier spagnola Yolanda Díaz, socialista, questa volta sul lavoro, sembra rispondere alla stessa logica.
Meloni e il leader leghista Matteo Salvini sono solo destinatari e pretesti per un’offensiva che ha come molla decisiva le difficoltà interne dei due Paesi. Si assiste al tentativo di additare e ingigantire un pericolo di destra a livello europeo, usando l’Italia per parlare in realtà ai propri elettorati. La prospettiva di una saldatura tra Popolari e conservatori a Bruxelles acuisce le tensioni. E proietta sui prossimi mesi polemiche aspre e sempre più virulente, perché a stagliarsi, se si spezzasse l’intesa storica a Bruxelles tra Ppe e socialisti, sarebbe un cambio di epoca e non solo di alleanze.
È possibile che a questo si aggiunga anche un certo fastidio per un protagonismo del governo italiano, puntellato dagli Stati Uniti per le posizioni nette prese dalla premier Meloni sul conflitto russo contro l’Ucraina, e per la sintonia con alcune nazioni dell’Est. Ma il tema finisce per riguardare le prospettive del modello di Unione europea che queste schermaglie prefigurano. Più che un’evoluzione verso una maggiore integrazione, si profilerebbe un’involuzione verso una sorta di «Europa delle nazioni», con meno solidarietà e condivisione e più nazionalismo.
La domanda è se il modo in cui l’Italia ha reagito, annullando il viaggio del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a Parigi, sia il più opportuno. Oppure se aiuti, senza volerlo, la provocazione di chi lavora a un isolamento progressivo del governo italiano, scavando un solco profondo con la Francia. «Dichiarazioni così aggressive mi pare parlino all’opinione pubblica francese e spagnola. Per questo», assicura Meloni, «non sono preoccupata». Ma si tratta di manovre che possono avere effetti incontrollabili per chi le mette in moto, per chi le subisce. E per le dinamiche disgreganti che innescano in Europa.
Le ricadute in Europa Gli attacchi della Francia al governo nascono da ragioni di politica interna. Ma possono innescare effetti negativi in tutta Europa