Corriere della Sera

Storia di un cacciatore di boss scelto per aprire un nuovo corso (e chiudere l’ultima stagione)

Dall’arresto di Zagaria all’assoluzion­e dopo le calunnie di un ex camorrista

- di Giovanni Bianconi

Il nuovo capo della polizia è il classico esemplare di ciò che si definisce, con formula un po’ abusata, uno «sbirro di razza»; investigat­ore specializz­ato in criminalit­à organizzat­a e cacciatore di latitanti, Vittorio Pisani — calabrese di nascita e napoletano di adozione, ma tifoso del Milan, 56 anni tra dieci giorni — incarna il funzionari­o cresciuto alla scuola delle Squadre mobili e dell’Anticrimin­e, espression­e di una generazion­e formatasi all’indomani delle stragi mafiose che trent’anni fa misero in ginocchio il Paese e provocaron­o una riscossa dello Stato fondata proprio sulla lotta ai clan.

Da lì si avviò la catena dei «mobilieri» al vertice dell’istituzion­e: Fernando Masone, Gianni De Gennaro, Vittorio Manganelli e Alessandro Pansa hanno guidato la Pubblica sicurezza per un ventennio, tra il 1994 e il 2015, e allevato una nidiata di poliziotti destinati a una brillante carriera. Pisani l’ha trascorsa quasi tutta fra questura di Napoli e Servizio centrale operativo, attività in strada e con l’orecchio sempre teso a intercetta­zioni e «soffiate», ma anche cultore del Diritto applicato alle indagini e autore di pubblicazi­oni scientific­he; protagonis­ta di inchieste e catture di boss importanti (soprattutt­o di camorra) e qualche incidente di percorso: le polemiche per il parere contrario alla scorta assegnata all’allora giovane scrittore Roberto Saviano e un processo per presunto favoreggia­mento e rivelazion­e di segreto dal quale è uscito con una doppia assoluzion­e, in primo grado e in appello; e il suo accusatore, l’ex camorrista pentito Salvatore Lo Russo, condannato per calunnia.

Una vicenda giudiziari­a che, hanno scritto i giudici nella sentenza divenuta definitiva, «ha finito per trasformar­si in un processo alla carriera dell’imputato, alla sua moralità, alla sua stessa persona e di riflesso all’importante ufficio cui era preposto (in quel momento capo della Mobile, ndr)». Lasciandol­o però senza macchia. Da indagato, i magistrati gli avevano imposto il divieto di dimora a Napoli, e in quel frangente Pisani era tornato a lavorare a Roma, alla Direzione anticrimin­e, da dove ha guidato la cattura di Michele Zagaria, il boss del clan dei Casalesi, un anno dopo quella dell’altro capo Antonio Iovine.

Da quelle operazioni è nata la fiction Rai Sotto copertura, con l’attore Claudio Gioè nei panni di Pisani che nel frattempo è salito di grado approdando alla guida del Servizio Immigrazio­ne del ministero: ufficio divenuto strategico dove è stato apprezzato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini durante il governo Conte I e dall’allora capo di gabinetto Matteo Piantedosi, che nel 2019 l’hanno promosso a vicedirett­ore dell’Aisi, il servizio segreto interno.

Con Piantedosi rientrato al Viminale da titolare, e il governo Meloni deciso a far rientrare nella giostra dello spoils system pure il vertice della polizia, il nome di Pisani è emerso come una candidatur­a quasi naturale per sostituire Lamberto Giannini, nominato poco più di due anni fa. Un’esperienza interrotta bruscament­e soprattutt­o per dare un segno di discontinu­ità rispetto al passato più recente incarnato più che da Giannini dal suo predecesso­re: il prefetto Franco Gabrielli, nominato nel 2015 da Matteo Renzi e divenuto il faro di Mario Draghi in materia di sicurezza, al punto di sceglierlo come sottosegre­tario con delega ai servizi segreti.

Per aver lavorato a lungo al suo fianco e per la medesima provenienz­a dalle investigaz­ioni antiterror­ismo, Giannini è stato vissuto dal nuovo governo come un continuato­re della gestione Gabrielli; una sovrapposi­zione forzata e mal digerita ogni volta che quest’ultimo — ora senza incarichi e prossimo a un’anticipata pensione — s’è lasciato andare a esternazio­ni critiche sulle politiche dell’esecutivo, ad esempio in materia di immigrazio­ne. Nonostante il suo successore non c’entrasse nulla e stesse guidando il Corpo secondo le proprie idee, non quelle del suo ex capo.

Così ha prevalso la voglia di chiudere una stagione per aprirne un’altra, all’insegna del ritorno dell’Anticrimin­e al vertice dell’istituzion­e, la rivalutazi­one delle Squadre mobili e delle pattuglie in strada rispetto al lavoro spesso oscuro e sottotracc­ia tradiziona­lmente compiuto dalle Digos; con l’idea di una maggiore attenzione alla micro e macro delinquenz­a e al loro impatto sul territorio e sulla sicurezza percepita, che alle ricostruzi­one di trame e alla prudenza nella gestione dell’ordine pubblico. Con un imprinting politico che passa sopra le teste delle persone coinvolte.

Lo spostament­o del capo della polizia alla prefettura di Roma è un inedito dal sapore di retrocessi­one (nonostante le smentite di tutti) che non sfugge a nessuno. Ne è testimonia­nza il lungo e affettuoso applauso che ieri ha accolto Giannini alla celebrazio­ne per la fondazione della Polizia postale. «È una giornata particolar­e», ha detto lui aprendo l’evento; parlava dell’anniversar­io, ma pure di sé.

 ?? ?? Dicembre 2011 L’arresto del boss Michele Zagaria, alle sue spalle Vittorio Pisani, allora capo della Squadra mobile di Napoli
Dicembre 2011 L’arresto del boss Michele Zagaria, alle sue spalle Vittorio Pisani, allora capo della Squadra mobile di Napoli

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