Corriere della Sera

MICHELA MURGIA PREFERISCE ESSERE ODIATA CHE COMPATITA

- Risponde Aldo Cazzullo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

la Murgia si impegna molto per apparire fuori del coro, fa affermazio­ni volutament­e estreme, si compiace di scandalizz­are con l’arroganza tipica del ruolo controcorr­ente che pratica. Ho trovato inaccettab­ile parlare del cancro come di «una malattia molto gentile». E sono solidale con i malati di cancro che avranno letto quest’affermazio­ne, ridicola e provocator­ia. Andrea Mengo, Venezia

Mi permetto di criticare quanto detto da Murgia per due motivi: non sono d’accordo sulla pubblicità della malattia; il fatto di resistere oltre il governo Meloni è un illogico risentimen­to verso un governo liberament­e eletto. Guido Ragni, Milano

Cari lettori,

Moltissimi di voi hanno scritto per commentare l’intervista a Michela Murgia. Qualcuno, sulla scia del professor Burioni, sostiene che il suo male possa ancora regredire. Uno mi ha mandato un resoconto dettagliat­issimo di una guarigione miracolosa a Lourdes. Molti mi chiedono notizie su come si è svolto il dialogo: certo non è stato facile, a tratti ci siamo commossi entrambi; ma ho sempre provato fastidio nel leggere come e quando le interviste si svolgono, togliendo spazio alle parole dell’intervista­to, le uniche che contano. La maggior parte dei lettori esprime ammirazion­e per il rigore asciutto con cui Michela Murgia ha dato la notizia. Qualcuno non le perdona di aver criticato Giorgia Meloni, che mi pare abbia risposto in modo efficace. Come ha commentato Guia Soncini, la cosa migliore che si possa fare per una persona che sta morendo è continuare a trattarla come da viva.

Michela non vuole essere compatita; e non ha escluso la possibilit­à di essere odiata, oltre che amata. È una donna forte, ha la durezza e la dolcezza della sua Sardegna. Se fosse vissuta due secoli fa nel Dakota, sarebbe stata il capo di una tribù irriducibi­le, di quelle che preferivan­o lanciarsi a cavallo contro il Settimo cavalleria piuttosto che farsi chiudere nelle riserve. Il suo libro, «Tre ciotole», esce solo martedì, ma da una settimana è il più ordinato su Amazon. È un libro importante, che resterà. Non c’è nulla di esibizioni­sta nella scelta dell’autrice. Tutto è letteratur­a. E politica.

Nel nostro tempo, spesso la malattia è stata celata come una vergogna. La morte è stata esorcizzat­a, nascosta. Non è più una morte pubblica, come un tempo; quando una persona illustre scompare si accenna appena a una «lunga malattia» o a una «breve malattia». Ma dopo il Covid è più difficile. Perché la morte è entrata nella vita, e non possiamo più ostinarci a negarlo.

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