Dalle lavatrici agli smartphone, no della Ue ai prodotti «a tempo»
L’Europarlamento contro l’obsolescenza programmata, ora i negoziati con il Consiglio
Lampadine che STRASBURGO bruciano dopo un certo periodo, lavatrici che non si possono riparare, smartphone che non si riescono più ad aggiornare. Sono esempi di «obsolescenza programmata», che l’Ue ha deciso di contrastare perché comporta un aumento dei costi per i consumatori, crea enormi quantità di rifiuti ed è dannosa per l’ambiente. Il 30 marzo di un anno fa la Commissione Ue ha presentato una direttiva sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde, contro l’obsolescenza programmata e il greenwashing (le dichiarazioni ambientali ingannevoli). Ieri la plenaria del Parlamento Ue ha votato a larghissima maggioranza la propria posizione che terrà nel negoziato con il Consiglio.
L’obiettivo principale è aiutare i consumatori a fare scelte rispettose dell’ambiente e incoraggiare le aziende a offrire prodotti più durevoli e sostenibili. Gli eurodeputati vogliono vietare l’introduzione di caratteristiche di progettazione che limitino la durata di un prodotto o che ne causino il malfunzionamento prematuro. Inoltre i produttori non dovrebbero essere autorizzati a limitare le funzionalità di un prodotto quando viene utilizzato parti di ricambio o accessori prodotti da altre aziende. È il caso, ad esempio, dei caricabatterie. Le etichette dovrebbero informare su eventuali limiti alla riparazione.
Gli eurodeputati propongono anche un nuovo marchio di garanzia che indichi la durata della copertura richiesta per legge più la durata di eventuali estensioni offerte dal produttore. Il Parlamento Ue concorda sulla necessità di vietare sulle etichette espressioni ambientali generiche come «rispettoso dell’ambiente», «naturale», «biodegradabile» se non sono accompagnate da prove dettagliate. E mira anche a vietare le dichiarazioni basate solo su sistemi di compensazione delle emissioni di CO2.