Corriere della Sera

«Voglio questo scudetto Per vincere serve stile, me l’ha insegnato papà»

Michielett­o, leader di Trento, si gioca il titolo

- di Pierfrance­sco Catucci

Una finale scudetto da protagonis­ta, un’estate azzurra alle porte da campione del mondo e d’Europa, tante responsabi­lità. Alessandro Michielett­o ha solo 21 anni, ma parla da veterano dall’alto dei suoi 211 cm. Stasera il primo match point con la maglia dell’Itas Trentino, che veste da sempre e dove è ormai leader tecnico e uomo copertina.

Eppure i successi più importanti sono arrivati solo in Nazionale.

«Con Trento ho vinto la Supercoppa e ho perso due finali di Champions, ma vorrei aggiornare presto la bacheca».

Quanto pesa questa sfida?

«La vittoria di domenica ci dà un po’ di serenità, ma per vincere a Civitanova non possiamo ripetere gli errori di gara 2».

In una stagione così strana, quando avete cominciato a credere allo scudetto?

«In club come Trento, sei sempre proiettato al meglio. Nello sport, partire sconfitti significhe­rebbe non dare valore agli sforzi quotidiani. L’obiettivo era arrivare a giocare queste partite, le più belle. Siamo qui, ce le godiamo e daremo tutto».

È uno degli insegnamen­ti di suo papà Riccardo, team manager di Trento e bicampione d’Italia da giocatore?

«Uno dei tanti».

Qualcun altro?

«Con mia madre mi ha dato gli strumenti per gestire l’improvvisa notorietà e le pressioni che comporta. Ma pure cose apparentem­ente più banali, come ricambiare sempre l’affetto dei tifosi, anche quando vorresti solo scappare sotto la doccia. Piccole attenzioni che, insieme, fanno la differenza».

Come è cambiato il vostro rapporto?

«Quando ero nelle giovanili ci vedevamo meno. Ora siamo in palestra assieme tutti i giorni, ma ognuno rispetta il ruolo dell’altro. È un rapporto che si è evoluto nel tempo. Lui sa che ho bisogno dei miei spazi e non interferis­ce, io idem».

In famiglia, tra sorelle, fidanzata, zii, cugini e anche il nonno, la pallavolo è di casa.

«È un filo che ci lega, ma non è mai stata un’ossessione. Per me, mio padre, le mie sorelle ora è un lavoro che viviamo come una grande passione».

Una passione che l’ha fatta crescere in fretta.

«Prima ero un ragazzino, ora mi sento uomo. E devo essere anche attento a mantenere uno stile che un club come Trento richiede. Ma poi, diciamocel­a tutta, sono fortunato: sto vivendo il mio sogno».

Ha anche dovuto prendere confidenza con un fisico cresciuto all’improvviso.

«È successo tutto in pochi anni. Per fortuna l’altezza non ha inficiato sulla coordinazi­one; è stato più complicato mettere massa muscolare. Mi sono adattato: prima giocavo libero, avevo un baricentro più basso ed era più facile tuffarsi. Ora colpisco più in alto».

È più ansioso per il derby di ritorno della sua Inter o per questa finale?

«Vedere l’Inter vincere così all’andata è una gioia, l’ansia la tengo per le mie partite. Il calcio mi distrae in momenti adrenalini­ci, mi sfogo e poi torno a concentrar­mi sugli obiettivi».

Quando l’hanno invitata ad Appiano e a San Siro sembrava al luna park.

«Che emozione conoscere giocatori e staff e ricevere da Zanetti la maglia col mio nome e il 5 davanti a 75mila persone che applaudiva­no! Ho i brividi a pensarci».

Sente ancora Barella e Bastoni?

«Ogni tanto. Mi hanno fatto i compliment­i per le vittorie e anche io scrivo loro dopo qualche bella prestazion­e. Siamo più o meno coetanei e ci piace parlare di sport».

Che cosa sarebbe disposto a fare per scudetto a Trento e Champions all’Inter?

«Niente programmi. Se succederà, saranno festeggiat­i a dovere. Promesso».

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Azzurro Alessandro Michielett­o, 21 anni, schiacciat­ore dell’Itas Trentino

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